Non è bastato superare gli ultimi ostacoli presenti su di un cammino tortuoso, per mettere al riparo il governo da crescenti polemiche. Il quorum non raggiunto sul Referendum delle trivelle e le due mozioni di sfiducia naufragate in Senato, non fanno di Matteo Renzi un premier che può dirsi al riparo da clamorosi ribaltoni. Il fronte dei nemici si allarga e lo sottopone a un fuoco incrociato dalle proporzioni piuttosto preoccupanti. Le opposizioni, sempre più compatte in un’opera che può definirsi di sfiancamento, tra accuse e sgambetti vari hanno lanciato un chiaro avvertimento al nemico: non molleranno la presa finché siederà a Palazzo Chigi.

Uno scenario da vera e propria guerra fredda che male si presta a un Paese che proprio non riesce a risollevarsi da una crisi irreversibile. A peggiore il tutto la minoranza interna al Partito Democratico che, non firmando la richiesta per avallare il via libera al Referendum costituzionale di ottobre, ha confermato di voler proseguire sulla strada dell’ostruzionismo contro il suo segretario.

Le difficoltà del governo

Matteo Renzi, impegnato a Città del Messico in una visita istituzionale, ha digerito l’ultimo strappo della minoranza Pd con una certa filosofia. “C’è ormai una parte che fa opposizione su tutto - ha spiegato - ma la decisione del Referendum era stata presa tutti insieme e mi dispiace se qualcuno ha cambiato idea ma non conta”.

I democratici restano una polveriera pronta a esplodere e forse l’appuntamento di ottobre rivestirà un ruolo cruciale. Renzi ha ribadito più volte pubblicamente di essere pronto a lasciare nel caso il ddl Boschi sulle riforme non trovasse il sì degli elettori. Facile ipotizzare che, la distanza temporale che separa dal Referendum, sarà vissuto in un clima burrascoso di campagna elettorale.

La strategia delle parti è ormai delineata da tempo: il premier vuole trasformare la consultazione in un plebiscito sulla sua leadership, le opposizioni puntano a logorarne la credibilità cavalcando inchieste sull’esempio di Tempa Rossa.

Capitolo amministrative

Nel bel mezzo di questo caos politico si è finito col perdere di vista la stretta attualità.

Il 5 giugno si voterà il rinnovo di 1370 Comuni, alcuni dei quali di cruciale importanza per il Paese: Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli. Il contraccolpo che potrebbe derivare da alcune sconfitte (come nel caso di Milano e Roma per il Partito Democratico) è ancora tutto da decifrare. Non ha usato troppi giri di parole in tal senso Michele Emiliano, primo avversario in casa di Renzi nella recente partita sulle trivelle. “Una sconfitta a Roma - ha affermato il presidente della Regione Puglia - porterebbe a importanti conseguenze per il governo e quindi per Matteo Renzi”. Parole di fuoco, dettate anche dalla conoscenza dei sondaggi che danno nettamente in svantaggio il candidato del PD, Roberto Giachetti. Quest’ultimo ha intanto reso noto i 48 componenti della sua lista civica: spiccano i nomi di Alessia Filippi (nuotatrice) e Marco Lodoli (giornalista e scrittore).