Il 2016 è l’anno delle donne in politica? Hillary Clinton in America e Virginia Raggi a Roma sono i due casi clou del momento, poiché entrambe prossime a segnare una svolta storica nei rispettivi ruoli per i quali sono in corsa. E poi chi altro? Fuori dalla lente d’ingrandimento, c’è un’evoluzione su cui vale la pena soffermarsi per tastare il reale polso della situazione nel nostro paese.

Il quadro italiano: da Ninetta a Virginia?

La prima donna a diventare sindaco in Italia fu Ninetta Bartoli, nel 1946: appoggiata dalla DC, riuscì a farsi eleggere e poi ad amministrare per dodici anni un piccolo paese sardo di 600 abitanti, Borruta, alle spalle di Sassari.

E oggi? Nel Belpaese ci sono 1.053 Comuni attualmente amministrati da donne, che in percentuale fa poco più del 13% sul totale dei Comuni italiani, i quali oggi sono 8045, dopo le variazioni intervenute nel 2015, relative alle sette fusioni ratificate mediante leggi regionali, per un totale di diciassette soppressioni. La popolazione italiana amministrata da donne supera i 5 milioni (8,63% della popolazione totale), con prevalenza nelle regioni del nord, dove si contano 728 municipi guidati dal gentil sesso. L’unico capoluogo di Regione attualmente amministrato da una donna è Ancona, dove dal 2013 è sindaco Valeria Mancinelli, eletta nelle file del centro-sinistra; la coalizione formata da PD, Verdi, Unione di Centro e Scelta Civica ha reso la Mancinelli primo sindaco donna della città capoluogo delle Marche.

Poi ci sono cinque capoluoghi di Provincia in mano alle donne: Alessandria (il sindaco è Maria Rita Rossa), Vercelli (Maura Forte), Lodi (Simonetta Pozzoli), Ancona e Verbania (Silvia Marchionini). Fino a poco tempo fa c’era anche Villacidro (amministrata da Teresa Maria Pani), ex capoluogo di Medio Campidano, provincia della Sardegna soppressa in seguito alla concretizzazione del progetto di riforma e abolizione delle province nell’isola.

Ma la parità resta un miraggio

Nel 2007 erano 776 le donne sindaco, dunque si registra una crescita sensibile in quasi dieci anni, ma ciò non basta ovviamente per contrastare la predominanza dei colleghi amministratori locali e regionali maschi, che sono oltre 6mila nei comuni fino a 15mila abitanti e 600 in quelli con popolazione superiore ai 15mila abitanti.

Se il paragone si concentra sulle giunte i rapporti crescono, attestando tutta l’incompiutezza della riforma Delrio. Secondo il Ddl n. 56/2014, comma 147 art. 1, infatti “nelle giunte dei comuni con popolazione superiore ai 3mila abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”. Carta canta? Per ora no, la strada da compiere resta lunga, ma la corsa di Virginia Raggi al Campidoglio potrebbe dare un segnale importante e innescare conseguenze favorevoli al meccanismo della parità dei sessi in politica. Ancor più forte sarebbe il segnale che arriverebbe dalla (probabile) elezione di Hillary Clinton alla carica di presidente degli Stati Uniti d’America. La campagna per le presidenziali si chiuderà il 14 giugno, ma ormai i candidati sono decisi e la ex first lady ha le sue buone chance di spuntarla sull’avversario repubblicano Donald Trump.