Provate ad immaginare il fronte europeista nel Regno Unito, dopo il referendum sul Brexit, farsi promotore di una riforma costituzionale volta ad invalidare in qualche modo ciò che i cittadini avevano espresso. In un Paese che poggia su solide basi democratiche è impensabile che accada, ma non è certamente questo il caso dell'Ungheria che, dagli anni '90 ad oggi, è passata praticamente da un regime comunista filosovietico ad una destra ultranazionalista, con qualche spruzzata governativa di ispirazione cristiano-democratica o socialista. Viktor Orban, leader del partito di estrema destra Fidesz e premier magiaro per la seconda volta dal 2010, ha incassato la sconfitta più cocente della sua parabola politicama, mostrando un'incredibile mancanza di rispetto per ciò che hanno espresso alle urne o, per meglio dire, non hanno espresso i suoi connazionali, ora punta addirittura a modificare la Costituzione per raggiungere il suo obiettivo.

Un quesito snobbato dagli ungheresi

Il referendum per dire 'no' allequote dei rifugiatida distribuire nei Paesi membri dell'Unione Europea era stato fortemente voluto da Fidesz. In una delle sue pubbliche "arringhe", Viktor Orban aveva spavaldamente dichiarato di puntare al plebiscito. Invece il quorum non è stato nemmeno lontanamente sfiorato, sono andati alle urne il 43,42 % degli aventi diritto. Orban è stato però capace di superare sé stesso con le parole post-voto, dirette all'Unione Europea che "deve tener conto di un 98 % di elettori che hanno votato contro le quote-rifugiati" ma che in realtà rappresentano meno della metà del Paese. Meno di 24 ore per coprirsi di ridicolo, poi il contrattacco.

Nel pomeriggio di ieri, infatti, il premier ha annunciato la possibilità di modificare la Costituzione in materia di immigrazione, con l'obiettivo di imporre un divieto di accoglienza in barba alle norme comunitarie. In poche parole, se la riforma venisse approvata, l'ultima parola spetterebbe comunque al Parlamento di Budapest che sarebbe pertanto legittimato ad opporsi alla richiesta di Bruxelles.

Non serve un esperto di politica per definire un atto del genere assolutamente "dittatoriale" perché contrario a ciò che gli ungheresi hanno deciso o hanno scelto di non decidere.

Buon risultato per l'UE in attesa dei veri banchi di prova

Ad ogni modo, quanto accaduto in Ungheria è un buon risultato per l'Unione Europea le cui politiche sull'immigrazione vanno avanti.

Saranno ben più importanti gli appuntamenti elettorali dell'anno prossimo in Francia e Germania, dove Francois Hollande ed Angela Merkel giocano una partita molto delicata proprio sulla 'questione stranieri'ed in tal senso i segnali non sono esattamente positivi. I sondaggi relativi alle presidenziali in Francia danno la leader del Front National, Marine Le Pen, quantomeno al ballottaggio mentre i cristiano-democratici della Merkel sono attualmente squassati dai risultati negativi delle elezioni regionali in cui l'elemento più evidente è la crescita di Alternativa per la Germania, il partito di estrema destra di Frauke Petry. Dando per scontato l'ingresso di quest'ultima forza politica in Bundestag alle Federali del 2017, l'attuale fuga a destra di molti ex elettori dell'attuale cancelliera è motivato proprio dalla bocciatura di tanti tedeschi nei confronti degli attuali programmi di governo sull'immigrazione.

L'eventuale rafforzamento di un fronte populista e xenofobo in terra transalpina e teutonica sarebbe un duro colpo per Bruxelles che, invece, incassa in maniera quasi indolore la linea dura di Orban. Con questo referendum, il "condottiero" magiaro voleva creare un "effetto domino" rivolto ad altri Paesi dell'Est quali Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, invece la sua "causa" è stata ignorata da oltre la metà dei suoi connazionali. Protagonista nei mesi scorsi di dichiarazioni da novello crociato contro l'Islam, oggi Viktor Orban sembra più Brancaleone al comando della sua cenciosa e sgangherata armata.