Da tempo Al Gore è un attivista convinto in difesa della causa ambientale e più volte ha manifestato il proprio dissenso nei confronti delle vedute di Trump per quanto riguarda le responsabilità dell’essere umano nell’attuale processo di cambiamento climatico. In più occasioni il tycoon è arrivato a negare il nostro coinvolgimento liquidando la questione come un’esagerazione o come una bufala. Prima delle recenti elezioni l’ex vice-presidente ha affermato che un’eventuale vittoria di Trump ci avrebbe portato alle soglie di una catastrofe ambientale, un netto passo indietro quando invece avremmo avuto le risorse da investire nello sviluppo delle già esistenti istanze di cambiamento al fine di superare in maniera definitiva la crisi energetica.
La presa di posizione
Quando però la vittoria di Trump è stata ufficializzata, Al Gore si è subito detto disponibile a fare quanto necessario affinché gli Stati Uniti continuino a ricoprire un ruolo di primo piano nella lotta contro il surriscaldamento globale. Sul sito del Climate Reality Project, del quale Al Gore è il fondatore e tra i principali sostenitori, scrive che “il Presidente Eletto Trump ha detto di voler essere un presidente per tutti gli americani. Fedele a questo spirito, spero che egli lavorerà con quella stragrande maggioranza di noi che crede che la crisi climatica sia la più grande minaccia che ci troviamo a dover fronteggiare come nazione” (TdR). Il gesto di Al Gore potrebbe essere interpretato come una questione di forma tipica delle fasi post elettorali poiché, alla stregua dell’ambientalista, in questi giorni molti altri personaggi di rilievo hanno espresso la volontà di affiancare l’amministrazione del neo eletto, anche spesso a discapito del fatto di aver sostenuto posizioni opposte in circostanze precedenti l’elezione.
Lo stesso Obama ha auspicato un maggiore supporto nei confronti del suo successore, specialmente in riferimento alle numerose proteste insorte in diverse città dopo l’elezione. Un’altra possibile spiegazione è che la scelta di Al Gore di tendere una mano in direzione di Trump dipenda dalla volontà di limitare gli eventuali danni che potrebbero derivare dalle decisioni di quest’ultimo in materia di politiche energetiche e ambientali.
In ogni caso non è detto che Trump risponda positivamente.
Una profonda differenza
Sono diversi i punti critici dell’agenda di Trump per quanto riguarda la sostenibilità ambientale. In primo luogo c’è la volontà di agevolare e incentivare anziché diminuire la produzione di combustibili fossili attraverso la concessione di porzioni di territorio americano.
È inoltre intenzione di Trump rivedere in toto le decisioni prese dall’amministrazione Obama in termini di restrizioni sull’uso del carbone. Anche gli accordi internazionali sulla riduzione dei livelli di biossido di carbonio rientrano negli obiettivi della politica energetica e ambientale di Donald Trump. A risentire delle conseguenze di questo atteggiamento è soprattutto lo spirito dell’intesa raggiunta con gli accordi stipulati a Parigi. In proposito Trump ha affermato di voler svincolare gli Stati Uniti da tale impegno, il che equivarrebbe quanto meno a un rallentamento del processo, attivo a livello internazionale, di emancipazione dalle fonti di energia non rinnovabili. Partendo da simili premesse, resta quanto meno da chiarire come Donald Trump intenda garantire, come ha fermamente sostenuto di voler fare, la conservazione dei beni naturali e delle bellezze del proprio paese.