Bashar al-Assad, presidente della Siria, punta a portare a termine il suo terzo mandato settennale alla massima carica del paese, cominciato nel 2014 (è stato eletto con oltre l’88% dei voti) e, sulla carta, destinato a concludersi nel 2021. A meno di scossoni o cambiamenti dello scenario politico, che però al momento Assad esclude; almeno fino a quando non sarà vinta la guerra contro l’Isis. La forza che ha sostenuto la terza rielezione di Assad è il Partito Ba’th (il partito socialista arabo), al potere in Siria ininterrottamente dal 1963. Pur riconoscendo, in un’intervista concessa al New York Times, la grave situazione di un paese in cui metà della popolazione è costretta a fuggire e dove chiaramente il tessuto sociale è profondamente danneggiato dalla guerra, Assad sostiene fermamente di avere il contro della nazione.
Il presidente siriano, peraltro, nega che vi siano prigionieri politici nel suo paese e critica l’intervento occidentale, mentre continua a godere dell’appoggio della Russia di Putin, che ha inviato in Siria la più potente flotta navale dalla fine della Guerra fredda.