In questa fase di crisi profonda democratica c’è spazio per le ambizioni di tutti o quasi. Anche in Italia, al pari di molti altri Paesi europei, il proporsi come una forza antisistema è divenuto un leitmotiv quotidiano ma per governare servono i numeri. È così che il centrodestra sta provando da tempo a trovare la quadra con l’obiettivo di ripresentarsi da protagonista alle prossime elezioni. Tra tentativi conciliativi e scalate personalistiche, gli equilibri sono rimasti gli stessi di sempre. Tutto gravita intorno alla figura di Silvio Berlusconi che, nel bene o nel male, resta il punto nevralgico di una coalizione caratterizzata da troppi capi ma da pochissimi leader.

Ad ammetterlo è stato lo stesso ex Cav dai microfoni di Rtl102.5: “Miei eredi non vedo, avevo puntato molto su qualcuno che poi è addirittura passata dall’altra parte”. “Di leader veri ce ne è uno solo - ha così concluso - e si chiama Matteo Renzi”. Parole che sanno di stroncatura per il nuovo che avanza ma che, per i più navigati del politichese, devono essere lette come una precisa indicazione.

L’eterno padre padrone

Chi pensa che Berlusconi abbia lavorato seriamente a una successione interna nel Centrodestra negli ultimi anni ha sbagliato pianeta. Il numero uno di Forza Italia è come un padre di famiglia che può decidere, molto raramente, di far guidare la sua auto al figlio nel cortile di casa.

In altre parole nulla si muove e si muoverà finché il vecchio leader avrà la forza di restare al comando. Anzi, le sue frequenti uscite sul tema dell’assenza di un delfino credibile nell’area dei moderati, non fanno che riaffermare la necessità di una sua nuova discesa in campo. Del resto sono i numeri a dargli ragione e, laddove è capitato rimanesse dietro le quinte, il risultato è stato deficitario come nel caso delle ultime Amministrative.

In molti, però, sono pronti a giurare che qualcosa è cambiato. Con la vittoria di Donald Trump negli USA è tornato in auge la nomination per Palazzo Chigi di Matteo Salvini. Il segretario del Carroccio si è già confrontato con Berlusconi e ha reclamato una benedizione politica che, naturalmente, non è arrivata. Il perché è presto spiegato.

Il dopo Referendum

Dopo aver detto no a Salvini e bocciato clamorosamente il suo pupillo Stefano Parisi, Berlusconi ha iniziato a pregustare un ritorno clamoroso in un governo di scopo che traghetterebbe la legislatura fino alla sua scadenza naturale. Da qui la carezza a Matteo Renzi che, consapevole della scaltrezza del suo avversario, ha voluto respingere la possibilità di un patto dopo il 4 dicembre. “Una volta mi definisce un pericoloso dittatore - ha affermato il premier - un’altra un leader politico, ma non posso essere quello che si mette d’accordo con gli altri partiti per fare un governicchio perché il governo tecnico lo abbiamo già avuto ed era quello che tirava su le tasse”. Rammaricato per il dietrofront di Berlusconi, ma deciso a proseguire la sua campagna elettorale è l’ex candidato sindaco di Milano per il Centrodestra, Stefano Parisi: “Se vuole qualcuno che metta d’accordo la Lega con Forza Italia, dentro Forza Italia è pieno ma perdono le elezioni”. Il pensiero del manager racchiude un’ultima flebile speranza: “Sono convinto che alla fine mi sosterrà”.