Nella puntata del 6 dicembre della trasmissione di La7 "DiMartedì" condotta da Giovanni Floris, è intervenuto Pierluigi Bersani, il quale si è soffermato sull'esito del referendum costituzionale e sulle conseguenze politiche per il Paese e per il Pd.
'Votare con due leggi elettorali sarebbe un'eresia. Si arrivi al 2018'
Sul risultato del voto referendarie e delle condizioni che lo hanno determinato, Bersani ha detto: "Non è che sono contento e mi metto a festeggiare. C'è disagio, diseguaglianza e distacco fra un pezzo di società ed establishment. In tutto questo o ci mette i piedi la destra o ce li mette la sinistra. Spero che pur con tutti i ritardi il PD e il centrosinistra debba mettere i piedi in questo disagio. Io non voglio lasciare tutto questo alla destra. Abbiamo preservato il fatto che la Costituzione non può essere brandita da un Governo, dividendo il Paese.
La Carta dei Valori del PD dice chiaramente di essere contro le riforme istituzionali votate a maggioranza. Si devono riaprire i canali della discussione interna. Sconsiglio di sfidare il Paese ancora, mentre temo che ci sia ancora in giro questa aria qua. Non si può vincere sulle macerie del Paese". Prima di aggiungere: "La gente ha votato in massa a questo referendum perché è stufa di un'insostenibile leggerezza della politica da cabaret che non pensa ai problemi sociali. Vogliamo togliere i voucher? Risolvere i problemi sociali?"
In seguito Bersani si è soffermato sulle conseguenze immediate del referendum: "Far votare il Paese con due leggi elettorali fra loro scoordinate non so come può andare a finire, soprattutto se lo propone chi chiede la governabilità. Votare in questo contesto mi pare un'eresia totale. Io credo che bisogna votare a inizio 2018 come da scadenza e fare il congresso PD nel 2017. Noi non abbiamo mai chiesto le dimissioni di Renzi, se ha voluto darle ci pensi Mattarella. Il Governo piuttosto corregga la politica economica e il Parlamento normalizzi la legge elettorale".
Bersani ha anche fatto un preciso parallelismo con un famoso referendum del passato: "Ricordo che nel 1985 dopo il referendum sulla Scala Mobile le ragioni del PCI persero ma ottennero il 45%, ma poi alle imminenti elezioni successive il partito prese venti punti in meno. Chi pensa di capitalizzare il risultato di un referendum in termini elettorali non ha capito".
'Il renzismo è caduto. Il PD se non ci fosse andrebbe inventato'
Sempre parlando dei questa fase di incertezza politica, Bersani ha proseguito: "Quando cadde Letta non siamo andati a votare. Io non stavo neppure bene ma andai ad abbracciare Letta e poi votai la fiducia a Renzi. Non è che adesso perché Renzi si dimette, deve venir giù l'Italia.
Ci sono le condizioni per gestire politicamente questa fase. C'è una maggioranza, il PD ha molti esponenti in gamba. Mattarella faccia quel che deve fare. Renzi aiuti questo percorso e poi si faccia il congresso PD. La gente vuole una legge elettorale che gli dia la possibilità di esprimersi. Il nuovo PD si è un po' ristretto perché ha perso l'orizzonte del centrosinistra. Dovremmo invece fare un campo del centrosinistra di cui il PD si mette al servizio e dove la gente può pensarla anche diversamente, se invece ragioniamo con la testa del capo non andiamo lontani".
Sulla domanda di Floris se Renzi ormai è caduto, Bersani ha risposto: "Renzi personalmente credo e gli auguro di no. Ma il renzismo invece sì.
Inteso come una politica che tira a sopravvalutare la comunicazione, la concentrazione in una persona del messaggio, l'irrilevanza del collettivo e l'idea che non devono dirti i problemi perché si mette in difficoltà chi governa". Prima di aggiungere:"Se guardo la situazione mondiale e italiana, dico che il PD se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. La destra che si sta affacciando nel mondo non è quella liberista e non è neppure un partito, ma è una logica, un'area di protezione e di sovranismi identitari. Contro questo serve un campo largo che proponga cose diverse".