Quale sia stato l’apporto al risultato referendario del 4 dicembre del popolo che si raccoglie attorno al Family Day nessuno lo può dire con certezza. È comunque di tutta evidenza che le centinaia di migliaia di uomini e donne, che erano scesi a manifestare a Roma nel 2015 e nel 2016 a difesa dei valori della famiglia, abbiano significativamente contribuito a portare la poderosa spallata che ha mandato a casa il governo Renzi, come peraltro avevano promesso allo stesso premier quando aveva pervicacemente imposto la fiducia sulla legge Cirinnà sulle unioni civili.

Quante siano le truppe su cui potrebbe contare il leader del movimento del Family Day, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, lo potrebbero testimoniare solo le urne, se il movimento si presentasse ad un appuntamento elettorale. Il dilemma è appunto questo: fare del popolo del Family Day anche un soggetto partitico autonomo pronto a scendere con propri esponenti nell’agone politico?

Da più parti all’indomani del risultato referendario sono venute sollecitazioni in tal senso, in quanto non si ritiene che esista oggi in Parlamento una pattuglia compatta di sostenitori dei valori della famiglia, fatte salve le isolate testimonianze di singoli parlamentari di diverse parti politiche. Per questo, l’idea di dare voce al popolo del Family Day attraverso una propria rappresentanza politica era già trapelata anche nell’ultima adunata di Verona alla vigilia del referendum, in cui lo stesso Massimo Gandolfini aveva, neppur troppo velatamente, lasciato trasparire l’intenzione di scendere in campo quando aveva sottolineato "il bisogno di un'entità politica che si faccia interprete delle nostre preoccupazioni antropologiche", dando appuntamento all’indomani dell’esito referendario per ogni decisione in merito.

Alla luce di questa presa di posizione, risulta quindi sorprendente che interpellato dal sito Formiche Net all’indomani della vittoria del NO, il neurochirurgo Massimo Gandolfini abbia escluso in maniera chiara la nascita di un nuovo partito perché “non c’è un partito che incarni tutti i nostri valori. E non possiamo farne uno nostro, esclusivo sui valori etici, perché non funzionerebbe”, preferendo “un’azione di pressing sulle forze politiche a noi più vicine….

e creare una coalizione che si impegni sulla difesa della vita e della famiglia”.

L’affermazione risulta ancor più sorprendente alla luce dei numeri, “quattro, cinque milioni di voti”, in cui lo stesso Gandolfini quantifica il contributo del popolo del No al risultato referendario, una valutazione che scaturirebbe dalle risultanze fornite dal centinaio di circoli del comitato presenti nel paese.

La frenata di Gandolfini non sembra convincere altri protagonisti del mondo cattolico più propensi a dare voce al popolo del “Renzi ci ricorderemo”, convinti che la famiglia, lungi dall’essere un tema particolare, si dilati all’universo dell’azione politica: attorno alla famiglia, infatti, ruota l’intera politica: dall’istruzione alla sanità, dalle politiche del lavoro a quelle fiscali e dello sviluppo.

Se questo è vero, non sembrano fondati i timori di Gandolfini che un partito basato sui valori della famiglia abbia un oggetto sociale troppo esclusivo, come è stata l’esperienza del partito contro l’aborto promosso in passato da Giuliano Ferrara. Il dibattito comunque proseguirà all’interno della galassia dei movimenti dell’area cattolica.

Naturalmente, ogni decisione in merito non potrà prescindere dai contenuti che avrà la nuova legge elettorale che il parlamento dovrà darsi; infatti, solo una legge elettorale proporzionale con una soglia di sbarramento non troppo alta potrebbe permettere l’entrata in parlamento di una pattuglia di parlamentari pro family.

A volte, l’importante è avere il coraggio di fare il primo passo, come fece tanti anni fa, nel 1987, uno sconosciuto partitino denominato Lega Lombarda che entrò in parlamento con due soli parlamentari, ivi compreso un certo Umberto Bossi.