«La dichiarazione israeliana riguardo a nuove costruzioni nei territori occupati non è altro che una dichiarazione di guerra contro la pace, una dichiarazione di guerra contro la soluzione dei due Stati. Il governo israeliano è determinato a violare il diritto internazionale e la recente risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Con queste parole, rilasciate ad Euronews da Mustafa Barghouti, membro del comitato esecutivo dell’Olp, si preannuncia un ulteriore periodo di instabilità nei rapporti arabo-israeliani.

La penetrazione in Cisgiordania

Attraverso la strategia dello sviluppo residenziale in Cisgiordania, dopo quello di Gerusalemme Est, ambedue bloccate dall’amministrazione Obama, il governo israeliano sta promuovendo una nuova fase di penetrazione nei territori occupati. Sono 2500 gli alloggi da costruire secondo il programma del primo ministro Benijamin Netanyahu, che per voce del suo ministro della Difesa Avigdor Lieberman, ha annunciato la svolta auspicata da tempo. I lavori dei primi 900 insediamenti cominceranno subito, mentre gli altri 1600 sono in via di pianificazione.

Una nuova intesa tra Israele e Stati Uniti

Le aree destinate a questo incremento edilizio, per i coloni ebraici, si trovano nelle vicinanze di Gerusalemme: Ariel e Givat Zeev.

Il via libera è stato dato in seguito alla telefonata di due giorni fra tra il primo ministro israeliano ed il presidente Donald Trump, che fin dalla campagna elettorale aveva annunciato di voler dare una inversione di marcia alla politica mediorientale del suo predecessore, esplicitando il proposito di trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.

Così Netanyahu ha sottolineato che questa nuova strategia viene tracciata in condivisione con la nuova amministrazione statunitense, tema che verrà affrontato dai due leader in un meeting fissato a Washington per gli inizi di febbraio.

Venti di guerra nell’aria

Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, ha detto che questa iniziativa avrà conseguenze e promuoverà rigurgiti di estremismo che porranno ostacoli a chi persegue la pace.

L’ONG “Peace Now” ha invece messo l’accento sul fatto che la penetrazione nei territori della Cisgiordania sono funzionali a sviare l’attenzione dell’opinione pubblica da parte del primo ministro israeliano dalle accuse di corruzione che pendono sulla sua testa, ma anche dalle critiche sulla conduzione della guerra a Gaza nel 2014, redatte nel Rapporto del Controllore di Stato.