Tra il 4 e 5 febbraio Lione è diventata la capitale della politica francese. I due principali contendenti alla poltrona di presidente della repubblica, Marine Le Pen ed Emmanuel Macron, ambedue dati dai sondaggi come probabili sfidanti al ballottaggio di maggio, hanno affilato le loro armi programmatiche a qualche centinaio di metri l’uno dall’altra. La Le Pen ha raccolto i propri sostenitori presso il palazzo dei congressi mentre Macron si è ritrovato con gli aderenti alla propria campagna al palasport. Hanno proposto due visioni contrapposte dello stile di governo e del modello sociale che intendono perseguire: di estrema destra, di marca trumpista, la Le Pen; né di destra né di sinistra, ma di impronta europeista, quello di Macron.
Questa è casa nostra
Le sue parole d’ordine, ripetute quasi ossessivamente, sono state: “paese”, “patriottismo”, “stranieri”, “sicurezza”, “liberta”. Marine Le Pen, proponendo un catalogo di 144 punti ha chiarito che la conduzione della sua presidenza sarà all’insegna del “patriottismo economico” e del “protezionismo intelligente”. Il primo significa mettere in testa i francesi prima di tutto, al grido di “On est chez nous”, questa è casa nostra, proponendo l’equazione “straniero-migrante-Islam”, da cui l’abolizione di alcuni diritti acquisiti come la nazionalità automatica ai figli dei migranti o il ricongiungimento familiare, ma anche il taglio del welfare da destinare solo ai francesi. L’altro riguarda innanzitutto il ripristino del franco come moneta nazionale ed una serie di interventi indirizzati a garantire le merci nazionali su quelle straniere.
A ciò si aggiunga qualche trasformazione da “Quarta repubblica”, come un referendum per cambiare la costituzione e la legge elettorale, proponendo il proporzionale, e un altro per uscire dall’Unione Europea. Dal punto di vista militare l’abbandono della NATO corrisponde ad un aumento delle spese militari, con il rilancio delle armi nucleari.
Infine c'è da annotare nella sua agenda politica il ripristino della pena capitale.
Né di destra né di sinistra ma solo francesi
Diametralmente opposte le ricette di Emmanuel Macron, il quale ha lanciato un nuovo stile liberal in chiave statunitense, sfrontato e sicuro di sé, che unisce elementi anche narrativi del socialismo liberale insieme ad argomentazioni della tradizione gollista impersonati dai nuovi Repubblicains, in crisi per lo scandalo della famiglia Fillon.
La furbizia politica dell’ex ministro dell’economia è quella però di volersi distaccare dai partiti tradizionali: “La sinistra e la destra hanno fallito – ha esclamato alla sua gente – siamo qui perché vogliamo finalmente un cambiamento”. La sua battaglia è contro i professionisti della politica e gli interessi particolari. E’ questa la sua “terza via” per combattere il populismo lepenista: né l’uno né l’atro dunque ma solo francesi.
Mentre dalla platea sventolano le bandiere dell’Unione Europea, si dichiara contrario al reddito di cittadinanza proposto dal candidato socialista Benoît Hamon, come all’edificazione dei muri: la sua è una società aperta. Così invita gli scienziati statunitensi che lavorano sul cambiamento climatico e le energie rinnovabili a trasferirsi in Francia se sarà eletto. Una impresa possibile solo se riuscirà a far convergere su di sé i voti di quei partiti tradizionali da cui formalmente prende le distanze.