Boris Johnson ha definito "disgustoso" l'atteggiamento di Google perché poco tempestivo nella rimozione dall'etere del materiale di propaganda dei terroristi.
Rincara la dose il ministro degli Interni Amber Rudd, la quale ha dichiarato di voler parlare direttamente con i boss non solo di Google, ma anche di Facebook, Twitter e le piattaforme minori come Wordpress, Telegraph e Justpaste.it.
La politica, come spesso accade, è più alla ricerca di colpevoli che di soluzioni. Si cerca di richiamare l'attenzione della gente strumentalizzando gli ultimi fatti di sangue, come quello del recente folle attacco terroristico a Westminster.
Sono arrivate subito le scuse da parte di Matt Brittin, il boss di Google Europa. "Presento le mie umili scuse a tutti i nostri partners e inserzionisti che possono essersi offesi dall'aver visto i loro annunci accanto a dei contenuti controversi. Ci prendiamo ogni responsabilità per questo inconveniente."
Google o non Google
Il rischio di perdita d'immagine (e di clientela) per Google è davvero grosso. Non solo in UK, anche in Usa ci sono state compagnie danneggiate dagli infausti accostamenti con inserzioni "dai contenuti controversi", per usare le parole di Brittin. Stiamo parlando di giganti dell'economia come Walmart, Starbucks. Per non parlare del giornale The Guardian, il gruppo Volkswagen e Verizon.
Per quanto Google sia ormai diventata un'azienda affermata ed entrata profondamente dentro la vita di ognuno di noi (in UK cercare qualcosa in Internet si dice semplicemente "to Google") il rischio di perdere terreno e lasciare spazio a nuovi competitor sempre pronti all'orizzonte rimane comunque grande. Viviamo in tempi instabili dove anche i colossi hanno piedi d'argilla.
Un futuro in frame
Mentre Boris Johnson fa la voce grossa in parlamento reclamando algoritmi più precisi per scovare i contenuti di propaganda, viene da chiedersi se i terroristi, più che con le bombe e gli attentati, non stiano facendo dei danni molto più sottili alla vita di ognuno di noi. Se il prossimo passo non fosse più quello di stabilire cosa è propaganda e cosa non lo è, ma la differenza tra giusto e sbagliato sulla base di un algoritmo creato per occultare, o addirittura eliminare, certe informazioni e metterne in risalto altre?
Possiamo solo aspettare e osservare gli sviluppi futuri di un mondo, fatto non solo di parole e informazioni, ma anche di bombe, di gente che odia, che soffre, che grida contro una società occidentale chiusa in una bolla d'oro, sempre più prossima a scoppiare.