Il risultato sarà pure scontato come confermano i sondaggi, ma le primarie del Partito Democratico continuano a conservare un appeal non certo comune per la politica italiana. Dagli schermi di SkyTg24 si è consumato l’ultimo atto del confronto a tre tra i candidati alla segreteria Dem. Matteo Renzi, Michele Emiliano e Andrea Orlando (in ordine di seduta) hanno dato vita a un dibattito ritmato che non ha lesinato stoccate e sorrisi. Una partita che si è conclusa senza vincitori né vinti (i candidati non hanno trovato l’accordo sulla messa in onda degli exit pool live) ma che ha già fornito una panoramica di ciò che sarà il domani del PD.

Al netto delle differenze ideologiche e comunicative, le distanze delle mozioni di Renzi e Emiliano restano palpabili. Il governatore della Regione Puglia, nel rispondere a una domanda formulata proprio dal suo principale avversario, ha messo in chiaro che non potrà esserci un’intesa a bocce ferme. Discorso inverso per Orlando, già ministro della Giustizia del governo Renzi, anche se va sottolineato che il confronto di ieri sera ha mostrato che tra i due ex alleati non corre esattamente buon sangue.

Con Berlusconi o senza?

I tra candidati alla segretaria del PD hanno messo in mostra una certa sicurezza nel toccare i temi più scottanti della campagna elettorale. Su biotestamento, migranti e difesa dell’euro si è registrata una sintonia generale non certo scontata.

Differente è il discorso sulle potenziali alleanze future. Emiliano e Orlando hanno scacciato Berlusconi senza mezzi termini. Non Renzi che ha declinato però ogni responsabilità sull’attuale legge elettorale che, salvo clamorose impennate elettorali dell’ultima ora, lascerebbe comunque spazio nuovamente alle larghe intese. L’ex premier nello smarcarsi dal fuoco nemico ha rievocato la sconfitta al Referendum, considerata la vera causa dell’attuale palude istituzionale insieme alla burocrazia e al fiscal compact.

Uno scontro a tre andato avanti diversi minuti e concluso soltanto con la volontà comune di dar seguito al monito di Sergio Mattarella. Assenti invece eventuali riferimenti in chiave alleanze con il Movimento5Stelle e gli ex compagni dei Democratici e Progressisti. Emiliano e Orlando, tuttavia, nel corso della campagna elettorale avevano già fornito la loro apertura in presenza di precise condizioni politiche.

Il nodo resta l’affluenza

Sarà perché sono state pubblicizzate poco (come hanno accusato anche ieri Emiliano e Orlando), sarà per il travaglio interno subito dal PD recentemente, la partecipazione alle primarie di domenica resta un punto interrogativo per tutti. La sola certezza è che difficilmente si sfioreranno i picchi delle passate edizioni. A mancare è quell’elemento di novità che lo stesso Renzi portò nel 2007 e nel 2009. Anche per questo le aspettative dei tre candidati restano basse con l’ex premier in primis pronto a sostenere la bontà di una potenziale affluenza superiore al milione di elettori. Non è un caso che l’appello al voto formulato (in particolare da Renzi ed Emiliano) non sia stato circoscritto ai militanti storici del partito.

Il PD è nella sua fase storica più delicata, è vero, ma non se la passano tanto meglio al di là delle barricate. Tra gli elettori del M5S, ad esempio, non pochi saranno coloro che si recheranno ai seggi per dire la loro nella corsa alla segreteria dem. Pur tra mille difetti il PD resta la sola realtà politica ad aprire la porta alla sua base. Una democrazia reale che, come hanno rivendicato i tre candidati in coro, non potrà mai essere sostituita da un blog.