A meno di un anno dall'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, a seguito del referendum del 23 Giugno 2016, la premier inglese Theresa May appare sempre più isolata. Lo scudo della Brexit che l'ha sostenuta dal suo ingresso in Downing Street sembra farsi sempre più debole, mentre le stesse elezioni chieste in anticipo dal Primo Ministro per l'8 giugno per rafforzare la sua immagine diventano un'arma nelle mani dei suoi avversari.
Theresa May e il feeling con Donald Trump
Tra i due leader il legame è sembrato andare oltre la vicinanza linguistica e la comune visione politica sin da subito.
Il connubio tra la premier britannica e il presidente americano è stato annunciato pubblicamente già all'indomani delle elezioni americane. Il 9 novembre 2016 la premier britannica è stata la prima a congratularsi con il nuovo inquilino della Casa Bianca. Scambio di cortesie poi replicato da Donald Trump il 28 gennaio 2017, quando, in un meeting alla Casa Bianca con la premier britannica, avrebbe detto: "La Brexit sarà un'ottima strategia politica per il tuo Paese" e "Grandi giorni attendono ai nostri due Paesi".
Inconciliabilità tra Brexit e politica indipendentista della Scozia
Uno scontro insanabile dell'Inghilterra uscita dal referendum pro-brexit è stato sicuramente quello nei confronti della Scozia.
Un Paese apertamente contrario all'uscita dall'Ue, prima ancora che indipendentista e fondamentale dal punto di vista economico per la stabilità della Gran Bretagna. In questo senso si spiega l'incontro della fine di marzo tra la premier inglese May e la leader indipendentista scozzese Sturgeon. Reso tanto più necessario dopo l'annuncio della leader scozzese di indire un referendum per la fine del 2018/2019.
I costi dell'Ue per la Brexit e il pessimismo di Juncker
Ciò che Theresa May pensava facile e immediato - l'uscita dell'Inghilterra dall'Unione monetaria - si è rivelato al contrario un percorso in salita. I vantaggi assicurati dall'Ue non sono più negoziabili dopo la Brexit ed è sempre più difficile per la May tranquillizzare i mercati e gli stessi ex-sostenitori della Brexit.
Nonostante l'intesa con Trump, il rischio isolamento nelle decisioni economiche e geopolitiche sembra diventare sempre più un fatto concreto per la Gran Bretagna del dopo-referendum. Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, uscito ieri dal faccia a faccia con Theresa May a Downing Street, ha espresso le sue perplessità. La premier inglese avrebbe dichiarato durante la cena che "la Gran Bretagna non deve pagare nulla all'Ue." Mentre secondo Juncker l'uscita dalla moneta unica avrebbe un costo superiore ai 60 miliardi di euro. L'insoddisfazione del presidente della Commissione concerne anche il problema del trattamento da riservare ai cittadini membri residenti nel regno Unito.
Ai quali la May vorrebbe riservare "gli stessi diritti dei lavoratori stranieri già presenti in Gran Bretagna."
Difficoltà della May a concretizzare la Brexit
Nonostante le elezioni anticipate previste per l'8 giugno prossimo, la premier britannica è sempre più isolata. Sia dai laburisti di Corbyn, sia dal partito Nazionale scozzese di Sturgeon; senza contare i Liberal Democratici (pro-euro) e l'Ukip, fautori dell'Hard Brexit e quindi un'ennesima frattura della politica della May. Di fatto la premier britannica fina adesso ha potuto giocare solo l'arma dell'Articolo 50 del Trattato di Lisbona per avviare l'iter di uscita dall'euro. Ma la sua popolarità è in picchiata. E' di ieri la scena ripresa da Sky News a Aberdeenshire (Scozia) che ritrae una premier inglese nell'atto di lasciare volantini di propaganda nelle cassette postali. Sembra che abbia voluto incontrare direttamente i cittadini scozzesi, ma avrebbe trovato "case vuote e strade deserte" al suo passaggio.