Il patto a 4 tra Pd, FI, M5S e Lega sulla legge elettorale proporzionale, ispirata al modello tedesco, è franato miseramente con una triste coda del rimpallo delle responsabilità tra le forze politiche. Neanche il tempo di rifiatare che Matteo Renzi compie nuovamente una giravolta a 180° verso il maggioritario, il cosiddetto Consultellum uscito dalla sentenza della Corte Costituzionale. Necessario a questo punto, per il segretario Pd, cercare di rimettere in piedi un centrosinistra in ‘stile Prodi’, tanto per capirci. Matteo ci aveva provato già ieri, 9 giugno, a corteggiare Giuliano pisapia, ma l’ex sindaco di Milano, teorico federatore delle forze alla sinistra dei Dem con il suo Campo progressista, lo aveva stoppato chiedendo elezioni primarie in cambio del si alla formazione di un nuovo centrosinistra.

Oggi, 10 giugno, Renzi torna alla carica con una intervista al Corriere della Sera. Ma ci pensa lo ‘scissionista’ Pier Luigi Bersani dalle colonne de La Stampa a gelare le sue pretese: “Non sarà Renzi a dare le carte in questa nuova stagione”.

L’assedio di Renzi a Pisapia

Evidentemente a Matteo Renzi non è bastata la risposta data da Pisapia alla sua richiesta di riapertura di un cantiere di centrosinistra che includa anche il ‘suo’ Pd. “Se Renzi vuole davvero rifondare il centrosinistra - aveva puntualizzato il fondatore di Campo Progressista - allora faccia le primarie, poi vediamo chi vince”. E, infatti, il segretario Dem questa mattina era già lì, carico più che mai, a sostenere che, per raggiungere la quota del 40% che apre al premio di maggioranza previsto dal Consultellum, bisognerebbe “tentare l’operazione maggioritaria” puntando ad una rinnovata alleanza con “le forze alla sinistra del Pd”.

Renzi prova a blandire i suoi ex alleati, trattati fino al giorno prima come ‘comunisti’ appestati, ricordando le alleanze tutt’ora in piedi in alcuni Comuni e rilanciando l’appello a Pisapia. La forza della disperazione di voler riconquistare al più presto Palazzo Chigi, poi, lo porta persino a riaprire uno spiraglio di porta nei confronti del ‘nemico giurato’ Massimo D’Alema, “uscito dal Pd contro di me” e, forse, poco disposto, ad una coalizione.

Ma per Renzi non c’è problema, nemmeno se si chiama D’Alema, perché un eventuale nuovo centrosinistra “non dipende dalle persone ma dai contenuti”.

Bersani gela i propositi renziani

Appena venuto a conoscenza dell’Opa lanciata da Renzi per accaparrarsi i favori Pisapia, Bersani, come un amante geloso, si è precipitato sui mass media per puntualizzare la sua posizione e gelare i bollenti spiriti di ‘sovranismo’ sul centrosinistra del segretario di quella che fu la ‘ditta’.

“Gli consiglio di non perdere tempo in improvvisazioni tattiche o furbizie”, avverte il giovane Matteo uno dei fondatori di Mdp. L’esclusiva dell’accordo con Pisapia, infatti, spetta “a un centrosinistra in netta discontinuità con il Pd degli ultimi anni”. Secondo Bersani è finita l’epoca in cui il politico di Rignano “dava le carte”.

Il politico di Bettola va persino oltre la richiesta di primarie formulata dal leader di Campo Progressista, perché “per farle ci sarebbe voluto un sistema maggioritario, un programma e un simbolo comune”. Mentre, invece, detta le nuove regole uno spavaldo Bersani, adesso “chi vuole un nuovo centrosinistra deve dar forza alla cosa nuova che stiamo costruendo”. Insomma, questo il nocciolo del suo pensiero: si a un nuovo centrosinistra, ma senza il Pd renziano.