“I moralisti senza morale non funzionano’’ avrebbe dichiarato il segretario del Pd Matteo Renzi a Rtl. Secondo la sua critica, gli esponenti del movimento avrebbero promesso di essere diversi, ma sono diventati dei truffatori esattamente come coloro a cui “facevano la morale’’.
Una morale fallita
"I Cinque stelle non hanno mantenuto la promessa di diversità, sono diventati un'arca di Noè di truffatori, riciclati e scrocconi. Sono sei anni che ci fanno la morale ma ci sono truffe acclarate; si sono presentati come diversi dagli altri ma sono come tutti gli altri". In breve, Renzi sostiene che gli esponenti del Pd provati come truffatori siano stati denunciati e allontanati dal partito, e che al contrario i Cinque Stelle candiderebbero comunque degli "scrocconi''.
Perché nonostante le dichiarazioni del leader Luigi Di Maio, i loro nomi non scompaiono dalla scheda elettorale.
La critica alle promesse non mantenute non riguarda soltanto lo scandalo dei falsi rimborsi, ma più generalmente l'essenza stessa del movimento: nato per essere un'alternativa, profondamente diverso nei valori e nelle azioni dai partiti esistenti, ormai ci somiglia molto più di quanto non se ne differenzi. Il M5S avrebbe potuto essere un'alternativa, i propositi c'erano. Tuttavia, qualcosa è andato storto e in seguito ad alcune loro azioni la loro critica morale ora ha perso tutto il suo valore. Detto altrimenti, chi non è senza peccato forse dovrebbe smettere di scagliare pietre.
Le mani pure della morale
Ora, la morale può essere definita come un insieme di valori e di norme ideali che guidano il comportamento di un individuo e più generalmente di una collettività. Il problema è che sono solo, appunto, ideali. L’imperativo categorico kantiano, per esempio, è l’emblema di una morale ideale e terribilmente vuota: "Agisci in modo che la massima della tua azione possa diventare una massima universale".
Da non tradurre mai in "fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te", ma da pensare in una domanda puramente logica, cioè se in quanto individuo potrei volere un mondo basato sulla mia massima d'azione, e se questo mondo potrebbe esistere e persistere. L’esempio classico è la menzogna: un mondo in cui tutti mentono implicherebbe l’impossibilità di qualsiasi promessa.
Quindi, la menzogna non è un’azione morale.
Il problema principale della morale kantiana è uno dei suoi punti fondamentali: la sua universalità. All’imperativo categorico non ci sono eccezioni; non esistono casi particolari perché deve applicarsi ad ogni caso particolare. Per permetterlo l’imperativo stesso deve essere generale e vuoto. Ma quest’universalità rischia di privarlo di qualsiasi realtà. "La morale kantiana ha le mani pure, ma non ha le mani", criticava perfettamente lo scrittore francese Charles Péguy, riassumendo la tragedia della morale di Emmanuel Kant.
La morale della tragedia
La tragedia della morale kantiana è stata sottolineata anche Hegel. La contraddizione tra essere e dover essere non è risolta nel sistema kantiano, lasciando che la morale resti puramente formale.
Il dover morale esiste, ma esistono anche gli impulsi e le contraddizioni che caratterizzano gli esseri umani. Questo ci condanna, nell'ottica dell'imperativo categorico, o all'infelicità perpetua - perché il bene supremo non può essere raggiunto se non nella virtù - o all'immoralità, che per conseguenza diventa l'unica possibilità di ottenere una qualche felicità.
La domanda che possiamo porci quindi in merito al M5S e alla loro morale fallita, è se davvero può esistere una morale dell'azione che rimanga tale anche una volta portata nel mondo sensibile. La morale kantiana funziona perfettamente se rimane in alto, senza essere toccata da quello che accade nel mondo fenomenico. Ma nel momento in cui si mischia alla materia, ci si rende conto che non è così facile da realizzare come potrebbe sembrare.
Tutti i buoni propositi, insomma, devono scontrarsi con la realtà e subirne le conseguenze.
La questione è se i Cinque stelle avrebbero potuto mantenere la "promessa di diversità'' immischiandosi realmente nella politica come hanno fatto. Una morale perfetta è quella che non agisce? Ponendoci criticamente nei confronti del sistema kantiano, è facile proporre e sostenere una morale formale e categorica finché non si passa all'azione.
Lo Stato come realtà dell'etica?
Hegel risolve questa contraddizione ponendo la morale nel momento dell'antitesi. La sintesi, è l'etica; e lo Stato diventa la piena realizzazione di quest'ultima, realmente presente nel mondo, e soprattuto consapevole di sé. Per questo lo Stato è l'ingresso di Dio nel mondo, che si realizza la figura del capo dello Stato.
Questo ci pone un altro problema: lo Stato, attuazione dell'etica, non dovrebbe essere quindi soggetto a critica da parte dei cittadini. Questi si realizzano nello Stato stesso, organismo di libertà, poiché è l'incarnazione dello spirito del mondo nella storia. Ma quale Stato sfugge e rifiuta ogni critica etica da parte dei suoi cittadini? Uno Stato totalitario, molto probabilmente. L'assolutismo e l'inevitabilità dei suoi principi morali forse lo portano a raggiungere una forma di libertà, ma che non può essere definita tale per i cittadini. Quindi, per quanto sia necessario ammettere la difficoltà di mantenere "pura" l'azione morale partendo da lodevoli ideali, non bisogna nemmeno giustificare la caduta etica nel momento in cui si passa all'azione, soprattutto se si tratta di azione politica.