A tre giorni dal voto, la situazione sembra farsi sempre più caotica e di difficile interpretazione. Le dichiarazioni di vincitori e vinti si susseguono senza sosta. Di Maio sembra aprire le porte a parte del PD o in ultima spiaggia anche alla Lega. Salvini, che invece chiude ad accordi partitici ma aprirebbe volentieri alla “sinistra che guarda alla Lega”. Berlusconi, da un lato tace sulla leadership salviniana di un governo di centrodestra, ma contestualmente si autoproclama “regista del centrodestra”. Renzi ammette l’evidente sconfitta del Partito Democratico e annuncia le dimissioni, ma solo dopo che si sarà conclusa la partita della formazione del nuovo governo.
Nel frattempo gli osservatori politici, dai vari talk e dalla carta stampata, prevedono incarichi al primo partito piuttosto che alla coalizione vincente, altri prevedono larghe intese piuttosto che un governo del presidente. Ognuno dice la sua, insomma.
Proviamo a fare un po' di chiarezza
Innanzitutto è utile ricordare che il Presidente della Repubblica non ha obblighi costituzionali riguardo il conferimento dell’incarico di formare un Governo ad un partito piuttosto che ad un altro. La prassi costituzionale vuole che avvii le “consultazioni” in modo da poter individuare il potenziale Presidente del Consiglio in grado di dar vita ad un Governo che possa poi ottenere la fiducia dai due rami del Parlamento.
Chiarita la prassi, passiamo ad esaminare gli intenti dei vari leader politici. Iniziamo dall’indiscusso vincitore delle elezioni, Luigi Di Maio. Il leader pentastellato, non vorrebbe ripercorrere i passi di Bersani, uscito vincitore dalle urne ma bruciato dal mandato esplorativo. Ambirebbe quindi ad un incarico pieno. Starebbe aspettando l’evolversi della guerra interna al Pd, prendendo intanto atto delle dichiarazioni di esponenti Dem come Emiliano, Boccia o Chiamparino, favorevoli al sostegno ad un governo a guida M5S.
Trapelano anche voci secondo le quali i capi corrente sarebbero addirittura in corsa per la presidenza della Camera. Smentisce invece qualsiasi dialogo con Matteo Renzi, precisando di parlare, genericamente, con il Pd.
Dall’altra parte, parla Matteo Salvini, leader della Lega, ma soprattutto, aspirante Presidente del Consiglio per la coalizione di centrodestra, che, bisogna ricordare, nel suo insieme, ha avuto più voti del M5S e quindi conta più seggi in Parlamento.
Le parole del segretario leghista sono chiarissime: “Chi vuole sostenere questo programma lo accettiamo. Ma non faremo accordi partitici”. Apre quindi a quanti del Pd vorranno appoggiare il programma leghista. Nega invece qualsiasi contatto con i 5 stelle, liquidando la discussione con una battuta: “Li vedo solo in televisione”. Infine Salvini rassicura l’Europa: “Deve avere paura? No, semmai gli italiani hanno avuto paura dell’Europa negli anni passati, noi andremo in Europa a cambiare le regole che hanno impoverito gli italiani”.
Il Pd, invece, da un lato combatte la sua guerra interna, tra accuse velate e non, dall’altro, sta a guardare, godendosi il ruolo di ago dalla bilancia che sembrerebbe concretizzarsi nelle ultime ore.
Di certo, è lecito pensare che, qualora appoggiasse un Governo, indipendentemente che fosse del Movimento 5 Stelle o del centrodestra, pretenderebbe in cambio di farne parte a pieno titolo.
Il Governo del Presidente
Infine, nelle ultime ore si parla anche di un “Governo del Presidente”. Nel gergo parlamentare, con questo termine, si intende un esecutivo scelto dal Capo dello Stato, che abbia una breve durata e soprattutto programma e obiettivi ben definiti e limitati. Questo potrebbe avvenire nel momento in cui il Presidente Mattarella dovesse prendere atto del fatto che non ci sono possibilità di formare un governo sostenuto dal Parlamento.
La situazione è davvero molto complessa ed ingarbugliata, i contatti tra i vari partiti sono sicuramente molto fitti in queste ore, sia che siano alla luce del sole sia che avvengano sottobanco, ma di certo né Di Maio né Salvini, vogliono perdere l’opportunità di provare a governare il Paese.