Il secondo giro delle consultazioni al Quirinale rischia di essere una fotocopia del primo. Ad oggi le posizioni delle forze più rappresentative presenti in parlamento appaiono abbastanza rigide, pur con qualche variante che, tuttavia, non sembra destinata a favorire una via d’uscita praticabile.

Governo, la partita a scacchi pre-consultazioni

L’apertura di Di Maio al Pd non ne ha rimosso la determinazione, tuttora ferma alla scelta della opposizione. La flessibilità dei Cinquestelle, ancorché sconcertante per grave peccato di incoerenza, non tiene conto dei numeri, che non bastano a garantire una maggioranza in ragione delle insanabili divisioni interne al partito di Renzi (più che di ogni altro).

Né valuta a sufficienza la prospettiva di un governo che sarebbe ostaggio di un partito ritenuto dagli stessi Cinquestelle responsabile dei guasti del Paese.

La inflessibilità di Berlusconi, che ha accantonato il proprio modello tattico del “concavo e convesso” dei cicli vincenti delle sue strategie, tende a inibire, di fatto, l’esercizio del primato elettorale che la Lega ha conseguito all’interno del centrodestra, descrivendo, ad un tempo, il declino di Forza Italia e del suo stesso leader. Il movimentismo di Salvini, pur condizionato da qualche incertezza, espone obiettivamente soluzioni che si prospettano come le più aderenti al responso degli italiani e ai più recenti sondaggi, che manifestano un favore maggioritario ad un governo bipartitico Cinquestelle – Lega.

In questo caso, Salvini sarebbe costretto a rompere con Berlusconi per superare un’irremovibilità che non offre alternative, neanche quella dell’astensione, ipotesi che, alla fine, sarebbe risolutiva a fronte della superiore necessità di dare un governo al Paese. L’annuncio della formazione di una sola delegazione del centrodestra per la seconda tornata delle consultazioni sul Colle rappresenta, di per sé, una operazione di facciata tardiva e poco convincente.

In realtà, nello schieramento permane un turbinio di contrasti, palesi e sommersi, che lo schieramento, per la verità, si porta dietro da più tempo, denunciando, tra spinte e controspinte, tra falchi e colombe, paurosi limiti strategici. Nello stesso caso bipartitico, insorgerebbe il nodo del premierato che solo le parti direttamente interessate potrebbero sciogliere, soppesando sulla bilancia degli equilibri il valore della guida del governo, da una parte, e quello della titolarità sui dicasteri più pesanti, dall’altra.

A bocce ferme, il presidente Mattarella, che, non a caso, nella sua prima dichiarazione sul tema ha richiamato gli articoli 92 e 94 della Costituzione, sarebbe legittimato a procedere, giocoforza, verso sbocchi (dal governo del presidente alle elezioni anticipate in una sequenza di altre ipotesi), che nessuno, probabilmente neanche lui, auspica e che il popolo italiano non accetterebbe a cuor leggero.