Il presidente russo Vladimir Putin, da poco riconfermato alla guida del suo paese, starebbe pensando di ricostruire un sistema di buone relazioni con l'Occidente, e per farlo ha in mente un paio di mosse rassicuranti e distensive.
La nomina di Aleksej Kudrin
Kudrin è stato il ministro delle Finanze dal 2000 al 2011. Un antico alleato di Putin e un uomo apprezzato in Occidente. Una sua nomina per un posto di rilievo nell'amministrazione russa dimostrerebbe al mondo che la Russia è pronta al compromesso con l'Occidente, secondo quanto riporta il Financial Times.
È proprio il quotidiano britannico ha ipotizzare il ruolo di “responsabile per la cooperazione economica internazionale”.
Il presidente Putin formerà il nuovo governo il prossimo lunedì. Medvedev dovrebbe essere confermato come primo ministro, ma la sua influenza sulla politica economica verrebbe ridotta per dare a Kudrin maggior controllo. Quest'ultimo, inoltre, avrebbe già preparato una strategia di politica economica per il nuovo mandato di Putin che inizierà formalmente la prossima settimana.
Putin, come si è detto, ha da poco vinto le elezioni con una larghissima maggioranza del 76,7%, in seguito a una campagna elettorale in cui ha promesso grandi spese per la sanità, l'educazione e le infrastrutture.
L'obiettivo dichiarato a marzo per Vladimir Putin era quello di alzare la qualità della vita del popolo russo. Tuttavia, le difficoltà economiche (dovute anche, ma non solo, al crollo del prezzo di petrolio e gas) e l'isolamento russo (per le incursioni militari tra Ucraina e Siria) sembrano rendere difficile l'attuazione di quel programma.
Yevgeny Gontmakher, un analista politico vicino a Kudrin, ha affermato che nel caso in cui questi dovesse avere un ruolo nel governo di Putin, sarebbe il segnale della volontà del presidente di avviare le riforme promesse ed imprimere un cambiamento di rotta in politica estera.
La riduzione delle spese militari
Negli ultimi anni la Russia è stata molto attiva militarmente, dall'Ucraina alla Siria ma, per la prima volta a partire dal 1998 (al culmine della crisi finanziaria russa degli anni novanta), la spesa militare è diminuita passando da 69,2 miliardi di dollari a 66,3 nel 2017 (contro i 610 miliardi degli USA).
In controtendenza con quanto visto durante l'era Putin, la spesa militare (oggi al 4,3% del PIL) potrebbe scendere al 3% nel giro di cinque anni.
Proprio le iniziative militari russe avevano spaventato l'Occidente e l'avevano portato a imporre le sanzioni economiche. Evidentemente, quella politica anti-russa, spesso bollata come eccessiva, potrebbe risultare vincente se portasse effettivamente la Russia a cercare il negoziato ed a limitare la sua potenza militare. Starebbe all'Occidente a quel punto dimostrare buona volontà nei confronti di Mosca.
Ancora più incoraggiante - per l'Europa almeno - è l'analisi dell'Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI), che evidenzia come gli investimenti militari russi si stiano spostando gradualmente dall'area Euro-atlantica a quella asiatica.
Dunque, il taglio della spesa militare, unitamente ad un miglioramento delle relazioni con l'Occidente, potrebbe avere un impatto positivo sull'economia russa e avviare dunque il cammino verso il benessere.