Donald Trump ha deciso. Come era ampiamente prevedibile, in virtù delle dichiarazioni delle ultime settimane, gli Stati Uniti abbandonano l'accordo sul nucleare iraniano (formalmente: Piano d'azione congiunto globale), siglato nel 2015 tra l'Iran, i 5 membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu, la Germania e l'UE.

L'annuncio

Alle ore 20.20 italiane, 14.20 di Washington, dalla Diplomatic Room della Casa Bianca, il presidente Trump ha annunciato l'uscita unilaterale dall'accordo e il ripristino delle sanzioni “al massimo livello”, completando l'inversione a U rispetto alla politica estera portata avanti da Barack Obama, nonostante gli appelli delle cancellerie europee ed infine dell'ex segretario di Stato John Kerry.

Nel suo discorso ha accusato l’Iran di aver ucciso, rapito, imprigionato e torturato cittadini americani in passato, di finanziare e rafforzare gruppi terroristici come Hezbollah e Hamas, di destabilizzare paesi come Siria e Yemen. L’Iran, ha detto Trump, è un “regime del terrore”.

“In teoria il trattato doveva proteggere gli USA e i suoi alleati dai piani iraniani, nei fatti non è così, non è un accordo costruttivo. Abbiamo le prove definitive che le promesse iraniane erano bugie”, ha continuato Trump. Anzi è un trattato destabilizzante. Per Trump, “non ha portato la pace e non lo farà mai”. L’Iran sta infatti continuando a sviluppare missili balistici capaci teoricamente di trasportare testate nucleari.

Gli scenari

Gli scenari che si aprono a questo punto, e che nelle prossime ore saranno in continua evoluzione, sono, semplificando al massimo, due. Si potrebbe ritornare indietro di 2 anni e mezzo, facendo saltare tutto, con la differenza che le tensioni in Medio Oriente tra filoamericani e iraniani sono decisamente peggiorate e sfiorano la possibilità di escalation, da strike missilistici limitati a guerra aperta.

Delle tensioni tra Iran e Israele, tanto sul piano militare, quanto su quello dell’intelligence, si è ampiamente parlato nei giorni scorsi.

Tuttavia, l’Europa, con il suo atteggiamento conciliante, potrebbe salvare la validità pratica dell’accordo, permettendo all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) di svolgere ancora le ispezioni ed i controlli sul territorio iraniano, lasciando di fatto inviolato lo stato delle cose riguardo al nucleare.

La pressione delle sanzioni

Il ritiro dall'accordo significa non fidarsi più dell'Iran, a causa dei piani segreti (veri o presunti) per portare avanti lo sviluppo dell'arma nucleare. Questo apre automaticamente la strada a nuove sanzioni, bloccate dal 2015. Alcune delle esenzioni su queste sanzioni scadono il 12 maggio (data entro la quale i diplomatici più ottimisti continuano a sperare in una modifica della posizione americana); altre esenzioni scadranno a luglio. Con la decisione di Trump di riattivare le sanzioni il 12 maggio, gli Usa chiederanno agli altri paesi della comunità internazionale di ridurre le importazioni di petrolio dall’Iran, pena le sanzioni verso le banche di questi paesi.

Il presidente Hassan Rohani aveva dichiarato che, nel caso in cui gli Usa avessero deciso di lasciare l'accordo, l'Iran si troverebbe a dover affrontare “qualche problema per due o tre mesi”, ma poi li supererebbe. L'Iran, sempre secondo quanto dichiarato da Rohani, continuerà a lavorare in maniera costruttiva con il resto del mondo. In particolare, non abbandonerà il trattato se l'Unione europea garantirà che l'Iran "trarrà benefici dall'accordo".

Rob Malley, ex consigliere per la sicurezza dell’amministrazione Obama, è convinto che gli europei proveranno a salvare il trattato con l'Iran, nonostante la fuoriuscita degli Usa. Restasse in vita il trattato, garantirebbe comunque l'importante controllo internazionale del rispetto da parte di Teheran delle previsioni previste dall'accordo.

Tuttavia, è abbastanza difficile immaginare che posti di fronte a un aut aut, la debole (è innegabile, fino a prova contraria) Europa sceglierà di non seguire Trump. Con un po’ di coraggio, potrebbe adottare una posizione interlocutoria nei confronti di Teheran. Ma questo potrebbe non essere sufficiente per ottenere dall’Iran il rispetto del trattato, soprattutto se Teheran vedrà perdere i 5,5 miliardi di euro di export di petrolio e 20 miliardi di euro di investimenti europei in Iran (dati riferiti al 2016, a seguito delle esenzioni sulle sanzioni).