Iniziano a giungere le prime reazioni dei leader internazionali e americani, in seguito alla decisione di ieri Trump che ha scelto – in previsione della scadenza delle esenzioni sulle sanzioni del 12 maggio – di ritirare unilateralmente gli Stati Uniti dall'accordo sul nucleare iraniano. I leader europei, ma anche esponenti di spicco dell'amministrazione Obama, del partito democratico e alcuni esponenti del partito repubblicano hanno cercato nei giorni scorsi di convincere Trump a rivedere la propria posizione, ma alla fine la linea dura ha prevalso.
Obama: adesso la scelta è tra un Iran con l’arma nucleare o una guerra in Medio Oriente
L’ex presidente Barack Obama è sempre stato il massimo sostenitore dell’accordo negli Stati Uniti. In seguito alla decisione finale di Trump ha dichiarato che da quando l'accordo era entrato in funzione, l'America era più sicura. Obama rivendica quindi il proprio operato e dice che aver messo a rischio il trattato senza una violazione del patto da parte dell’Iran è stato un grave errore. Agli Stati Uniti, se il patto crollasse, si prospetterebbe una tragica scelta tra vedere l’Iran armato del nucleare e la guerra in Medio Oriente per evitare questa prospettiva. Prospettiva inaccettabile per la sicurezza americana.
Ed in tal senso, secondo Obama, l’accordo era il miglior modo per evitare la nuclearizzazione di Teheran.
John Kerry: USA e Israele più insicuri, estremisti a Teheran più forti
John Kerry (segretario di Stato Usa durante il secondo mandato di Obama), un'ora dopo l'intervento di Trump, ha scritto su Twitter che l'annuncio del presidente indebolisce la sicurezza nazionale e pone un serio dubbio sulla validità della parola data dagli Stati Uniti (danneggiando la credibilità del paese e dunque anche la possibilità delle future amministrazioni di raggiungere accordi internazionali); isola gli Stati Uniti rispetto agli alleati europei; espone Israele ad un grave rischio, aumentando il potere dei falchi iraniani; e riduce, infine, la leva contrattuale americana a livello globale per combattere i comportamenti di Teheran ritenuti illegali.
L'analisi sul rafforzamento dei falchi iraniani prospettata da Kerry sembra essere assolutamente corretta, dal momento che Rohani aveva sponsorizzato l'accordo in patria come un successo, dal momento che permetteva di riaprire l'economia iraniana al mondo, prospettando notevoli vantaggi. Aveva superato gli scetticismi dell'Ayatollah Khamenei e dei pasdaran, ma adesso questi avranno ragione – dal loro punto di vista – nel rivendicare l’inaffidabilità (e la malvagità, nella retorica iraniana) degli Stati Uniti.
Kerry, in un’ultima considerazione, afferma che le dimensioni (limitabili) del danno dipenderanno da quello che farà l'Europa per mantenere in piedi l'accordo sul nucleare, e dipenderanno anche dalle reazioni dell'Iran.
Per Joe Biden, senza credibilità è impossibile parlare di un nuovo accordo
Anche Joe Biden, ex vicepresidente di Obama ha commentato la decisione di Trump come un grave errore. Già in novembre prevedeva che un simile passo avrebbe isolato gli USA dalle altre grandi potenze, avrebbe indebolito la credibilità e la leadership globale del paese, permettendo all’Iran di guadagnarsi le simpatie internazionali, senza riuscire a rendere meno pericolose le sue attività in Medio Oriente.
Oggi commenta dicendo che questa decisione rimette l'Iran sul percorso dell'armamento nucleare. Era una crisi completamente evitabile, che adesso può mettere a rischio il paese e i cittadini americani, in primis quelli in Medio Oriente chiamati a servire la nazione. Per Biden gli USA dovrebbero continuare a lavorare con gli alleati per contenere la capacità iraniana di colpire i partner americani nella regione.
Per Biden è inutile parlare di un accordo migliore: c'erano voluti anni di sanzioni, pressioni diplomatiche ed il pieno supporto della comunità internazionale per raggiungere quell'accordo. Portando ai minimi termini la credibilità degli USA, non si può pensare di negoziare un nuovo accordo.
"Questo è l'ultimo esempio di come il motto "America first" lascerà l'America più sola e meno sicura", ha detto Biden.
La reazione dei senatori ed il fuoco amico di Flake
I senatori democratici in coro contrari. Il leader dei democratici al senato Chuck Schumer è convinto che sia stato un errore. Perché qualunque fosse il piano del presidente, questo non può funzionare se divide gli alleati.
I repubblicani sono divisi ed il senatore repubblicano Jeff Flake (commissione esteri Senato), che nelle scorse settimane aveva mostrato più di un dubbio sulla nomina a segretario di Stato di Mike Pompeo, ha commentato il ritiro dal trattato come una mossa poco saggia. "I nostri alleati e i nostri avversari hanno bisogno di sapere che siamo credibili". E questa caratteristica, per Flake, è venuta a mancare in questa fase. "Il Paese dopo questa mossa non sarà sicuro come prima", aggiunge, sposando la lettura di Obama, Kerry e Biden.