Ignazio Manca, noto civilista, logudorese di nascita e sassarese di adozione, da tempo milita nella Lega, alla quale ha aderito fin dalla nascita sull'isola del movimento Lega Nord Sardinia, voluta e fondata dall'allora senatore Roberto Mura, attualmente consigliere regionale della Lombardia, nonché nipote dell'ex sindaco di Sassari, Candido Mura.
I primi tempi furono duri per la neoformazione, che dovette remare controcorrente in un periodo in cui imperversava lo slogan "nordista leghista-terrone sudista". I risultati parlarono chiaro: appena lo 0,7% alle europee del 2009, e l'1,4% a quelle del 2014, con punte massime in Ogliastra, dove si arrivò al 5,1%.
Secondo Ignazio Manca, le chiacchiere da salotto è meglio lasciarle ad altri partiti, cultori del pensiero unico e da tempo al servizio del potere finanziario, che sentono la necessità di cambiare spesso nome e condottiero. Si tratterebbe, infatti, di partiti che guidano la Regione Sardegna e le maggiori città, portando l'isola all'attuale sfascio con la più grave crisi occupazionale degli ultimi decenni.
L'intervista al coordinatore leghista
Quanto è stato difficile, nei primi anni, far passare in Sardegna l'ideologia leghista?
Abbastanza direi, non fosse altro perché la stessa, fin dall'inizio, ha combattuto l'assistenzialismo parassitario e clientelare del meridione, con l'unico intento di affrancare l'isola dall'atavica colonizzazione.
Se è vero, infatti, che l'Italia è da tempo soggiogata dall'UE dei tecnocrati al servizio del potere finanziario, e la Sardegna è da sempre soggiogata al potere centrale, non è errato, quindi, definirla una colonia al quadrato.
Vista la crescita esponenziale delle ultime politiche, può spiegarci la svolta?
Sono bastate poche mosse da parte di Matteo Salvini, e la Lega ha iniziato a correre sulle vaste praterie che, già da tempo, aveva a disposizione.
In occasione di un convegno tenutosi a Sassari circa 8 anni or sono, sottolineai che sarebbero bastate due cose per far volare il movimento: lo sdoganamento dall'idea secessionista (mai più Nord contro Sud) e una caratterizzazione sempre più nazionale a difesa della sovranità via via svenduta dai mandatari della sinistra nostrana all'Unione Europea.
A tutto ciò, ovviamente, ha contribuito l'intuizione e la capacità di attrazione socio-popolare di Matteo Salvini, in questo momento il vero terrore della sinistra mondialista.
Non teme che la sua fermezza possa scatenare la reazione violenta del potere nei suoi confronti?
Il rischio è evidente. Gli ultimi avvenimenti, dal caso Diciotti al sequestro dei beni del partito, non lasciano presagire niente di buono. La lotta sarà dura nel tentativo - evidentemente mai sopito - di evitare l'alternanza al potere, nel pieno rispetto delle regole democratiche.
Perché secondo lei siamo una democrazia malata?
Semplice, è saltata da tempo la separazione tra poteri dello Stato. Di fatto, a seconda del momento, il più forte tende a scavalcare gli altri.
Con buona pace della democrazia e dello Stato di diritto.
Di chi le colpe e da quando questo avviene?
Darei le colpe alla corruzione della Prima Repubblica che, ahimè, persiste tutt'ora, che già dai tempi di "mani pulite" e "Tangentopoli" ha, di fatto, portato la nostra democrazia a vivere sotto perenne tutela giudiziaria. Tornare indietro non sarà né semplice né facile, anche perché all'interno dei vari poteri dello Stato la sinistra ha allevato suoi adepti, di fatto, attivisti militanti.
Torniamo alla Sardegna e alle imminenti regionali. Ha qualche ricetta particolare?
Una cosa va detta, la situazione è talmente compromessa da quest'ultima giunta, che promettere miracoli è fuori luogo. Di certo, non si potrà amministrare peggio.
Ben vengano quindi l'esperienza e l'aiuto della Lega, che nelle regioni in cui amministra ha dato ampio esempio di efficienza, gradimento e soprattutto di sinergia con la gente: la sua vera forza. Quella che un tempo era al Nord una prerogativa della Democrazia Cristiana (DC) e al centro-sud del Partito Comunista Italiano (PCI) oggi è totalmente nelle mani della Lega, il vero pivot della politica nazionale. Allora non sprechiamo l'occasione di affidarle la guida dell'isola per tirarci fuori dalle secche. Ultima speranza per far sbarcare i sardi dalla zattera in mezzo al Mediterraneo su cui siamo da sempre "sequestrati".
Dopo tanto pessimismo vede qualche luce?
Sì. Una proposta di legge leghista, depositata in Senato fin dal 2010 e mai discussa: Sardegna due sole province a forte autonomia sul modello del Trentino Alto Adige.
Basta il raffronto dei dati Istat tra le due regioni ad autonomia similare per capire che si tratterebbe di un'idea assolutamente vincente.
Si tratta di un'utopia?
In politica nulla è impossibile. Tutto si compone e si ricompone sotto nuove forme.