Nigel Farage torna in Italia, anche se solo attraverso un collegamento video durante il talk show di La7 DiMartedì (guarda il video qui sotto), e spacca nuovamente l’opinione pubblica tricolore. Chiamato ad esprimersi circa le conseguenze della Brexit e sui rapporti tesi tra il governo italiano formato da M5S e Lega e la Commissione europea, l’ex leader dell’Ukip, ora parlamentare europeo, accusa senza mezzi termini Juncker, Moscovici, Dombrovskis e gli altri membri della Commissione di somigliare ad una “nuova dittatura” e di aver assunto comportamenti da “gangster” nei confronti di politici italiani come Luigi Di Maio e Matteo Salvini, democraticamente eletti nel loro Paese.
Nigel Farage scatenato a DiMartedì
È una scena quasi tragicomica quella che si è presentata ieri sera, martedì 30 ottobre, davanti agli occhi dei telespettatori del programma condotto da Giovanni Floris. Un Nigel Farage dai toni accesi e più in forma che mai ha messo all’indice i verti della Ue di fronte agli altri sbigottiti ospiti di DiMartedì: i giornalisti Massimo Franco e Alessandro Sallusti e la scrittrice Michela Murgia, tutti fieramente schierati in favore dei burocrati di Bruxelles e contro l’uscita del Regno Unito dalla Ue. “Io penso che sia una forma di bullismo - attacca Farage riferendosi al comportamento tenuto dalla Commissione nei confronti dell’Italia - come se fossero dei gangster a Bruxelles che minacciano dei politici eletti.
Parliamoci chiaro, sono quelli del M5S ad aver vinto le ultime elezioni in Italia e sono assolutamente legittimi. Sono un partito politico di maggioranza e che si parli in questo modo del loro leader è assolutamente una disgrazia”.
Lo scontro con Sallusti: ‘Molto contenti di lasciare l’Ue’
A quel punto interviene il direttore del quotidiano berlusconiano Il Giornale Alessandro Sallusti.
“Mister Farage l’ha fatto il referendum - precisa Sallusti - e l’Inghilterra (Gran Bretagna ndr) tra pochi mesi sarà fuori dall’Europa. La prima obiezione è, proprio perché è fuori dall’Europa non capisco perché si preoccupa di cosa succede in Europa, perché secondo me l’Europa senza l’Inghilterra è sicuramente meno Europa.
Quindi si occupi delle questioni inglesi che mi sembra che abbia dei problemi abbastanza seri dopo la Brexit”. La risposta del politico sovranista e populista è disarmante: “Beh, che noi facciamo parte di una unione Politica o no, siamo molto contenti che la lasceremo, non significa che non ci interessi dell’Europa. Certo che ci interessa. Tutta la nostra storia, le nostre storie sono legate in tutti i modi, quindi ovviamente ci interessa. C’è una grande storia nel mio paese che ha portato avanti lo stato di democrazia in Europa. Noi abbiamo lottato in passato contro dittatori europei e francamente questa Commissione europea sta cominciando a sembrarne una nuova di dittatura”
L’opinione di Michela Murgia: Farage la fulmina
Dopo Sallusti è il turno della scrittrice sarda Michela Murgia.
“Sono impressionata da queste affermazioni - si indigna l’autrice di molti romanzi di successo e orientata politicamente a sinistra - Voglio dire: in Inghilterra la gente torna in piazza a migliaia e migliaia per chiedere la possibilità di rivotare contro il risultato della Brexit, perché in questi due anni le conseguenze sono state una fortissima perdita di posti di lavoro. Reuters ha certificato 52 miliardi di sterline perduti e bruciati in due anni (Farage sorride ndr) solo in seguito a quel referendum. Quindi direi che non c’è da essere contenti e certamente non c’è da imitare una scelta come quella. Direi che, se l’Europa invita ad andare cauti in certi passaggi, fa parte anche dei patti che abbiamo anche internazionalmente.
Non è una questione di cessione di sovranità. È una questione che questi sono i rapporti, possiamo discutere il contenuto dei rapporti ma non il senso dell’esistenza di questi rapporti”. Una supercazzola estenuante alla quale Nigel Farage pone fine con poche, ultimative frasi: “Allora le dirò una cosa, noi stiamo andando benissimo, però, queste argomentazioni sono molto più grandi dell’economia, sono molto più grandi del fatto che noi stiamo un po’ meglio o un po’ peggio adesso. Queste sono argomentazioni fondamentali che riguardano la democrazia”.