La situazione rimane sospesa e la crisi non è risolta, il Presidente della Repubblica ha deciso di lasciare più tempo ai partiti per trovare una maggioranza per superare la crisi di governo. Le consultazioni ricominceranno martedì e allora se non sarà trovata una netta maggioranza si andrà al voto. Ma per comprendere meglio la situazione bisogna rivedere come sono andate le consultazioni, dato che molto è ancora incerto.
Due giorni fa sono iniziate le consultazioni del Presidente della Repubblica con l'obiettivo di verificare la presenza di eventuali altre maggioranze in seguito alla crisi di governo scatenata dalla Lega.
I primi a salire al colle sono stati, come da protocollo, i gruppi parlamentari minori di Camera e Senato: Civica popolare, +EU, minoranze linguistiche, Maie, Noi con l’Italia e Liberi e Uguali. Pressoché tutti questi gruppi si sono espressi favorevolmente a un nuovo governo di lunga durata, dicendosi fiduciosi dell’operato di Mattarella, tranne il gruppo di Noi con l’Italia che ha invece chiesto di andare al voto subito in modo da avere un governo forte di centrodestra. Di fatto nella giornata di ieri non ci sono state grandi novità.
Il Pd d'accordo per governo duraturo, mentre il centrodestra vuole il voto a breve
La giornata di ieri è stata quella più importante, in quanto il Presidente della Repubblica ha incontrato, tra gli altri, Lega, Pd e M5S.
Ieri mattina la prima a salire al colle è stata Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, il suo incontro ha avuto esito abbastanza scontato, dato che ha richiesto, come chiede da giorni, di andare al voto, dicendosi pronta a un’alleanza con la Lega e aggiungendo che non appoggerà nessun altro tipo di maggioranza. Alle 11:00 è stato invece il turno del Partito Democratico, che arriva al colle all’indomani di una direzione nazionale dove ha trionfato la mozione Zingaretti, che esprime la volontà andare a trattare la formazione di un governo duraturo e di larga maggioranza.
In poche parole l’obiettivo è quello di formare un governo PD-M5s con il supporto di gruppi minori, tra cui Liberi e Uguali, che sarebbe fondamentale per questa nuova maggioranza.
Il PD sembra molto compatto su questa scelta, anche se permangono alcune differenze e ostilità tra zingarettiani e renziani: in poche parole i primi vorrebbero un governo forte che duri fino a fine legislatura, mentre i secondi sono a favore di un governo breve che metta a posto i conti per poi andare al voto.
Unica voce fuori dal coro è quella dell’eurodeputato Carlo Calenda, che ha minacciato di lasciare il partito se si dovesse concretizzare il governo PD-M5s. Le consultazioni si sono concluse con la proposta di Zingaretti di fare partire un nuovo governo che si articoli su 5 punti: vicinanza all’Unione Europea, valori democratici e centralità del parlamento, nuove politiche migratorie, economiche e sull’equità sociale.
Dopo poco è stata la volta di Forza Italia, che ha espresso preoccupazione per la crisi e contrarietà alla possibilità di un governo giallo-rosso, dicendo che rappresenterebbe il tradimento degli elettori e che sarebbe pericoloso per le imprese. Berlusconi ha anche dichiarato che bisogna tornare alle urne perché il centrodestra è la “maggioranza naturale” del paese e che non ci sono altre alternative.
Alle 16 hanno preso il via le consultazioni della Lega, da cui però non ci si aspettava nessuna novità. Salvini, negli scorsi giorni, aveva già detto più volte alla stampa che vuole andare al voto al più presto o in alternativa e in alcune circostanze sarebbe d’accordo a continuare a lavorare al fianco dei 5 stelle.
Di Maio vuole apre le contrattazioni, Mattarella gli dà tempo
Alle 17:00 è stato poi il turno di Di Maio, capo politico del M5s, che al termine delle consultazioni non ha citato né Salvini né il PD o altri partiti nel suo discorso, ma ha fatto riferimento alla volontà di formare una maggioranza solida in parlamento; per molti osservatori politici ciò sottolineerebbe una netta apertura al PD.
Inoltre ha parlato di 10 impegni da realizzare nei prossimi mesi, tra i quali per citarne alcuni: una manovra che scongiuri l’aumento dell’IVA, taglio delle tasse, aumento degli stipendi, sostegno alla natalità, un «green new deal» per l'ambiente, una legge sul conflitto di interessi e una riforma della RAI. Questi punti vanno molto vicino dall'essere un programma per un nuovo esecutivo e per alcuni rappresentano la volontà di rimanere al governo e di non andare al voto, anche se molti di questi punti non sarebbero compatibili col programma PD.
Infine alle 20:00 circa ha parlato Mattarella, che ha deciso di lasciare altro tempo ai partiti, in modo da superare questa impasse e sbloccare la crisi.
Ci saranno nuove consultazioni martedì, e per allora il Presidente vorrà vedere una maggioranza solida, se non sarà così ha già dichiarato che si andrà al voto. In questo ultimo caso la prima data disponibile sarebbe il 3 novembre.
I retroscena
Secondo alcune testate nazionali, Zingaretti avrebbe posto altri 3 punti non negoziabili ai 5 stelle oltre a quelli già noti, sarebbero: l’abbandono della riforma del numero dei parlamentari, definire da subito la legge di bilancio e cancellare i due decreti sicurezza. La notizia starebbe circolando anche tra i renziani che avrebbero paura che queste condizioni siano state escogitate per far fallire le trattative e dunque andare presto al voto, cosa che permetterebbe a Zingaretti di rifare le liste con uomini a lui fedeli.
Tali punti sarebbero però stati smentiti dallo stesso Zingaretti.
Il secondo retroscena interessante riguarda Marta Cartabia, giudice della Corte costituzionale che secondo varie indiscrezioni sarebbe uno dei possibili nomi per un breve governo elettorale che ha in mente Mattarella nel caso non si riesca a trovare una maggioranza forte. In questo scenario ci troveremmo di fronte al primo governo guidato da una donna, a cui sarebbe concesso il tempo di gestire la fase elettorale fino al voto presumibilmente in autunno.