La caduta del Governo, non ancora formalizzata, è ormai realtà, ma le tanto agognate (da Matteo Salvini) elezioni anticipate non saranno così immediate. Anche perché il Movimento Cinque Stelle e una corrente del Pd faranno di tutto per "allungare la vita" all'Esecutivo e rimandare il ritorno alle urne. Così, mentre Beppe Grillo, è tornato in campo per scuotere i suoi, Antonio Noto, direttore della società Noto Sondaggi, ha messo in guardia il leader della Lega ricordandogli che "gli italiani vogliono risultati".
Effetto boomerang
La Lega, sondaggi alla mano, sta aumentando il suo consenso tra gli elettori.
Dunque, la mossa di Matteo Salvini di chiedere agli italiani "pieni poteri" (evocando, così, l’uomo solo al comando) potrebbe rivelarsi una strategia vincente alle urne. Ma sebbene questa narrazione sia particolarmente seducente - come ha spiegato il direttore della società Noto Sondaggi - bisogna considerare che, dopo praticamente un anno e mezzo di governo inconcludente, gli italiani vorrebbero vedere dei risultati.
Noto ha poi sottolineato: "I nostri concittadini, ancora, non si sono resi conto dell'entità della crisi: il possibile aumento dell'aliquota Iva, infatti, è un fattore di preoccupazione". Dunque, la decisione del ministro Salvini di forzare la mano a Ferragosto potrebbe rivelarsi un boomerang.
Il professor Renato Mannheimer, sociologo e sondaggista, ha richiamato l'attenzione anche sulla figura del premier Giuseppe Conte, considerato, per il momento, l’anti-salviniano numero uno, Non è chiaro, però, se manterrà il suo appeal anche in futuro.
Grillo e i trappoloni
Beppe Grillo, Garante del M5S, dal suo blog ha invitato i suoi a fare subito dei "cambiamenti" senza, però, confondere "coerenza con rigidità".
"Altro che elezioni" ha affermato promettendo di salvare il Paese dai nuovi barbari. Il suo intervento, però, ha fatto discutere non poco i pentastellati e potrebbe rappresentare una spina nel fianco per Matteo Salvini. Luigi Di Maio, infatti, si era detto d'accordo ad andare subito al voto. E qualora decidesse di cambiare linea potrebbe decidere di tendere la mano al Pd.
Gli "strateghi" dei Movimento 5 Stelle e la corrente renziana, in queste ore, stanno vagliando eventuali trappoloni (legali) per evitare le urne. Domani, alle 16, è in programma la riunione della conferenza dei capigruppo e, durante l'incontro, come è noto, se si raggiungesse un accordo, si può prendere qualsiasi decisione. In caso contrario, si renderebbe necessario votare. Per sfiduciare il premier Conte (o per rinnovargli la fiducia) sarà sufficiente la maggioranza relativa (e non quella assoluta!). L’ex presidente del Senato, Pietro Grasso, senza troppi giri di parole, ha proposto il primo trappolone e ha invitato tutti ad uscire dall'Aula. Se è vero che Fratelli d'Italia e Forza Italia, però, non sono disposti a far un torto del genere al ministro Salvini è altrettanto vero che se i 109 senatori del M5S ed i 51 del Pd abbandonassero la conferenza verrebbe meno il numero legale: ed il voto sulla fiducia a Conte, di conseguenza, sarebbe nullo.
I renziani Andrea Marcucci, capogruppo dem al Senato, e Dario Parrini, invece, hanno proposto una seconda via d'uscita: discutere prima la mozione di sfiducia individuale - già depositata - al ministro Matteo Salvini e poi la sfiducia a Conte. Con i voti del Movimento 5 Stelle, dunque si vorrebbe sfiduciare il leader leghista e salvare il presidente del Consiglio. Ma questa strada, come spiegato dal costituzionalista Marco Olivetti, non è percorribile in quanto la richiesta avanzata dal premier ha la precedenza sulle mozioni di sfiducia individuali.