Il raid statunitense ai danni del generale Qassem Soleimani ha scatenato anche nel nostro paese polemiche e preoccupazioni. Da un momento all’altro, in molti si sono ritrovati a temere una possibile terza guerra mondiale, rischio che però, ad oggi, sembra lontano.
Da parte del governo italiano, però, c'è una certa preoccupazione. Innanzitutto per una questione economica. Dallo Stretto di Hormuz in Iran, infatti, passa il 29% del petrolio importato in Italia ed il 20% dello stesso proviene dall’Iraq, regione altamente influenzata dalle dinamiche del vicino Iran.
Sempre da un punto di vista economico, il problema rischia di ripercuotersi (ed in parte è già accaduto) sulle borse europee. Il prezzo del petrolio ha aperto la settimana superando la soglia psicologica dei 70 dollari a barile ed i titoli con interesse nel prezzo del petrolio (ad esempio le compagnie aeree) hanno aperto in calo. Oltre a questi rischi, si aggiunge il pericolo terrorismo, sopratutto se l’Italia dovesse aderire ad un eventuale intervento armato nella regione.
Date queste problematiche, è importante che il governo agisca in maniera compatta.
L'opinione di Conte sulla crisi Iraniana
Giuseppe Conte ha rilasciato un’intervista a Repubblica il 6 Gennaio in cui ha invitato le parti in campo ad agire con cautela: “In questo momento tutta la nostra attenzione deve essere concentrata ad evitare un’ulteriore escalation, che rischierebbe di superare un punto di non ritorno".
Conte ha inoltre invocato compattezza ed unione d’intenti da parte dell’Unione Europea.
Riguardo alle truppe italiane di stanza nella zona, invece, Conte ha spiegato la ragione della loro presenza nel luogo: “Ricordiamo che le nostre truppe sono nella regione per svolgere una funzione essenziale di sostegno alle autorità locali nel contrasto al terrorismo e alla violenza e questa è un’attività di cui rivendichiamo non solo la concretezza ed efficacia ma anche la piena linearità e coerenza con i nostri valori”.
Da queste parole sembra dunque trasparire un avviso preventivo agli alleati statunitensi, ovvero che l’Italia non tramuterà facilmente la propria attività in Iran da anti-terroristica ad offensiva.
Di Maio tra diplomazia e conflitti interni al M5S
Da Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio ha anch’esso invocato prudenza. In particolare, il capo politico del M5S ha fortemente osteggiato la possibilità di un intervento militare nell’area.
“La guerra e la violenza, appunto, non sono soluzioni, e non possono essere mai considerate tali". Ha commentato su Facebook. “Sono l'unica risposta che è stata trovata in passato, una risposta vecchia, e su cui abbiamo già ricevuto fin troppe lezioni. Chi ancora crede che la strada sia la violenza, è fermo al passato o non ha ancora compreso le lezioni dalla storia. E, quel che è peggio, sta esponendo tutti gli italiani a un pericolo di ritorsioni”.
Dato il suo ruolo istituzionale di cruciale importanza all’interno della questione, Di Maio si trova anche in una difficile situazione dal momento che Di Battista, storico esponente dei 5S, ha deciso di andare in Iran, in chiara polemica con la mancata condanna da parte del collega di partito verso l'azione di Trump.
Zingaretti e Renzi invocano una de-escalation
Sia Nicola Zingaretti che Matteo Renzi, leader rispettivamente del Partito Democratico e di Italia Viva, hanno invocato una de-escalation. Entrambi si sono affidati ai social network per esprimere la loro opinione.
Grande preoccupazione per l’altissimo livello di tensione in #Iraq dopo le violenze dei giorni scorsi contro l’ambasciata Usa e l’eliminazione di #Soleimani. L’Italia e l’Europa assumano tutte le iniziative utili per scongiurare un’escalation incontrollabile nell’area
— Nicola Zingaretti (@nzingaretti) January 3, 2020