E va bene, è una domanda che è d'attualità da più di 10 anni ormai, eppure ci sono nuovi elementi che potrebbero agevolare la scoperta di una risposta. Non è la fuga di deputati e senatori a sollecitare, nuovamente, questo quesito; né gli equilibri sempre più precari del Conte II. Anzi, è opportuno chiarirlo dapprincipio: se mai il M5S dovesse cessare di esistere, non sarà a causa dei vari Paragone & co. La denuncia di scarsa collegialità interna al movimento di Di Maio diventa quasi divertente se gli stessi denunciatori aderiscono poi a partiti dove la democrazia interna è pressoché inesistente.

Lega? Decide Salvini. FDI? Decide Meloni. Forza Italia? Decide Berlusconi. Italia Viva? Decide Renzi. Pd? Beh, lì non si sa chi decida, ma quello è più che altro caos, non "democrazia interna".

La fuga di deputati e senatori non intaccherà la salute del M5S

Il dubbio è che la sopravvivenza del M5S sia effettivamente a forte rischio, ma per altre ragioni. I pentastellati hanno alle spalle una legislatura che ha già visto molti di loro fuoriuscire dal Movimento per aderire ad altri partiti. Basti pensare che nella scorsa legislatura ottennero inizialmente 109 posti alla Camera, ma finirono poi con l'essere in 88 deputati. La fuga di parlamentari non ha mai rappresentato un grosso problema proprio perché il movimento fondato da Grillo sapeva di poter contare su un appoggio popolare che andava ben al di là delle dinamiche di Palazzo.

E, infatti, con le ultime elezioni i deputati diventarono 213. Ma qual è, dunque, la ragione per la quale il M5S potrebbe cessare di esistere? La domanda troverebbe forse più facilmente risposta se venisse posta in altri termini, e cioè: qual è la ragione per la quale il M5S potrebbe cessare di avere senso di esistere?

La possibile fine del M5S passa dalle elezioni e dal rapporto con l'opinione pubblica

La risposta a questa domanda è semplice, la ragione è sotto gli occhi di tutti. Questa ragione è l'aver governato in sé. Da sempre Grillo dice che il M5S è destinato ad autodistruggersi, non essendo nato per arricchire di un altro partito il sistema partitocratico italiano.

L'obiettivo era, e dovrebbe essere tutt'ora, quello di realizzare alcuni punti programmatici, "ripulire" il sistema stesso e passare il testimone ai cittadini inseriti in una nuova forma di democrazia, quella diretta. Viene però da domandarsi se Grillo non avesse previsto l'altissima probabilità che queste riforme non potessero essere introdotte in un'unica legislatura. Già, di mezzo ci sono proprio le elezioni. E come potrà un Movimento che si è sempre dichiarato anti-establishment ripresentarsi all'opinione pubblica come tale dopo aver governato?

Tante spuntature sul programma, ma consensi in picchiata

Guardando i risultati delle Europee del 2019 prima e gli ultimi sondaggi poi, pare proprio che non importi come si abbia governato, ma l'aver governato in sé, appunto.

Sia pure con difficoltà, è sotto gli occhi di tutti il fatto che tra Conte I e Conte II il M5S abbia fatto molto di quel che aveva promesso: reddito di cittadinanza (seppur macchinoso ed inutile per l'occupazione), blocca prescrizione, anticorruzione, taglio dei parlamentari e dei vitalizi. Ciononostante, buona parte del 33% di italiani che lo votarono nel 2018 ad oggi non lo voterebbe più. La ragione pare quindi poco legata all'azione di governo e strettamente connessa all'essere scesi a patti con quel sistema fortemente osteggiato dalla fondazione dei 5S. La nascita di un governo con il rivale politico storico, il Pd, deve poi aver fatto storcere il naso a molti. Si potrà obiettare che è stata la stessa base ad approvare quell'alleanza, ma d'altronde gli iscritti a Rousseau non sono che una minuscola parte dell'elettorato grillino. La questione sembra proprio legata alla reputazione di un movimento che nacque da incendiario e che morirà, forse, da pompiere.