Dissidio vescovi-Giuseppe Conte. Pochi minuti dopo la fine della conferenza stampa del Presidente del Consiglio, si è elevata la protesta dei vescovi. La Cei, nel suo comunicato, usava termini di una durezza insolita verso un governo che sinora aveva sostanzialmente appoggiato. Lamentava addirittura un'inaccettabile compromissione della libertà di culto. Il Presidente Conte, tra le altre cose, aveva ribadito il divieto alle funzioni religiose. Preso in contropiede, dichiarava che avrebbe presto adottato un protocollo per la partecipazione alle celebrazioni eucaristiche.

La vicenda, tuttavia, ha dei retroscena che pochi hanno saputo cogliere, nell'ambito dell'informazione. Inizialmente, infatti, sembra che Conte fosse favorevole a una ripresa delle funzioni religiose, sia pure in condizioni di sicurezza. In tal senso, nei giorni scorsi aveva condotto una trattativa con la stessa Cei, con la collaborazione della ministra Luciana Lamorgese. Poi però ha dovuto incassare il veto del comitato tecnico scientifico per difficoltà ritenute ineliminabili.

Prima del dissidio non sono mancati i contatti e le proposte

Il fatto che ci siano stati incontri tra i vescovi e la ministra dell'interno Lamorgese lo si evince dallo stesso comunicato Cei. In esso si cita un'intervista della stessa ministra al quotidiano cattolico 'L'Avvenire'.

Sarebbe stata la Chiesa stessa a presentare al governo alcune proposte di protocolli con cui affrontare la fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie.

Tra le proposte presentate sembra che fosse previsto il contingentamento degli ingressi in base alla superficie delle chiese e il distanziamento dei banchi a misura di sicurezza.

Si sarebbe considerato l'uso delle mascherine da parte dei sacerdoti e quello dei guanti per la distribuzione della comunione. Si confermavano inoltre le misure già adottate negli ultimi giorni prima del lockdown. Cioè l'interdizione del segno della pace e dell'uso dell'acquasantiera. Tali soluzioni sono state invece respinte dal comitato tecnico scientifico della Presidenza del Consiglio.

La Cei era già perfettamente a conoscenza del contenuto della conferenza stampa. La risposta negativa alla ripresa delle funzioni gli era stata fornita alcune ore prima. Il comunicato dei vescovi, quindi, è stato predisposto prima del discorso televisivo del presidente Conte e diffuso subito dopo. Il premier pensava di avere le spalle coperte, avendo incontrato privatamente il Pontefice nell'imminenza delle festività pasquali. In subordine, riteneva che i vescovi si sarebbero accontentati delle aperture sulla celebrazione di funerali, battesimi e matrimoni. Non è stato così.

Dissidio non solo coi vescovi ma anche all'interno del governo

Al dissidio esterno Conte ha dovuto far fronte anche a una 'fronda' politica interna.

La linea proibizionista, infatti, era sposata principalmente dal ministro della salute Roberto Speranza. A lui si sarebbe affiancato il M5s, il ministro Franceschini e la maggior parte del Pd. Dalla parte dei vescovi invece, si collocava Italia Viva con le due ministre Elena Bonetti e Teresa Bellanova. Quest'ultima aveva addirittura rilasciato una polemica intervista ancor prima dell'intervento televisivo del Presidente del Consiglio.

Successivamente, si è alzata contro le decisioni del governo la voce dell'ex ministro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio. Intervistato da Huffpost, Riccardi ha lamentato l'indifferenza del governo per la vita della comunità cristiana e per la la sua rete solidale in favore degli ultimi.

Soprattutto, l'ex ministro ha deplorato che, in tal modo, il governo lasciava troppo spazio ai sovranisti per intercettare le richieste provenienti dalla Chiesa e dalla società civile.

Conte tenta di risolvere il dissidio

In mezzo a tale dissidio, Conte non poteva far altro che richiedere al comitato tecnico scientifico una soluzione di compromesso. Sembra che sia attualmente in corso una discussione per individuare una data fattibile per la ripresa delle celebrazioni. Si parla di domenica 18 maggio o addirittura dell'11 maggio.

Da un lato, però, Italia Viva continua a premere perché si riaprano le chiese ai fedeli già dal 4 maggio. Dall'altro, la parte più 'resistente' del comitato tecnico sembra non cedere.

Questi tecnici ritengono che le celebrazioni religiose siano equiparate, in quanto a contagiosità, a bar, ristoranti e parrucchieri. Per la riapertura, quindi, ripropongono il 1° giugno, ferma restando l'adozione delle necessarie misure.

Conte, però avrebbe trovato il supporto del Ministero della Salute che, sino all'altro ieri, guidava la fazione dei rigoristi. Una fonte di questo ministero si sarebbe espressa per riammettere le celebrazioni il 18 maggio, in concomitanza con la riapertura dei musei. In mezzo a tale tourbillon, si è alzata la voce di Papa Francesco che ha invitato i fedeli a seguire comunque le indicazioni governative. Una vera boccata d'ossigeno per Giuseppe Conte.