Il 7 gennaio segnerà la fine degli effetti del "Decreto Natale". Si entererà, perciò, in una fase "cuscinetto" tra il vecchio Dpcm (quello in vigore dal 4 dicembre) e quello nuovo che dovrà entrare in azione dal prossimo 15 gennaio. Occorre, perciò viaggiare su due binari per delineare quelli che saranno gli scenari che ci si può aspettare dalla strategia di contrasto contro la diffusione del coronavirus. Visti i dati risulta inopportuno aspettarsi particolare allentamenti, mentre si fa strada l'ipotesi rigorista.
Dal 7 gennaio zone gialle non ovunque
Non è un mistero che, da dopo l'Epifania, l'Italia ritroverà il sistema della divisione per fasce. Si ricorderà che, nel giorno dell'anti-Vigilia di Natale, quasi tutto il territorio nazionale era "giallo". In ragione degli aggiornamenti sulle verifiche della situazione epidemiologica il Paese, già subito dopo l'Epifania, potrebbe trovarsi con nuove aree in zona rossa o arancione.
Veneto, Liguria e Calabria in zona rossa? Non per forza, ma rischiano anche altri
Ci sono, al momento, voci discordanti su quelli che potrebbero essere i provvedimenti, ma l'unica fonte certa da cui potersi fare un'idea sono i dati. Quelli che vedono Veneto, Liguria e Calabria rischiare possibili inasprimenti delle restrizioni, passano da zona gialla ad arancione o rossa.
Secondo alcune indiscrezioni i tre territori potrebbero essere da subito spostate nel massimo grado di rischio, secondo altre potrebbe toccare solo al Veneto. Quello a cui, al momento, si guarda con preoccupazione sono diversi numeri, tra cui l'indice Rt che nei tre casi viene ritenuto sopra l'1 secondo l'ultimo rilevamento dei monitoraggi regionali.
Decisiva sarà comunque la prossima riunione della cabina di regia, prevista per la prossima settimana.
Allo stato attuale il decreto prevede che ciascuna regione torni dopo la stretta natalizia alla precedente fascia di appartenenza, ma a determinare un destino diverso potrebbero essere le rilevazioni degli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità in base al report che arriverà nei prossimi giorni.
Prima del lockdown di Natale l'unica regione rimasta in arancione era stata l'Abruzzo.
Coronavirus: colore regioni dal 7 gennaio da valutare
Gli ultimi dati risalgono allo scorso 30 dicembre. Le tre regioni citate non sono le uniche dove si avverte un rischio crescente e i primissimi dati del 2021 non sono certo positivi. In base, però, alle ultime rilevazioni del 2020 è stato notato che territori come Friuli Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Trento Piemonte e Valle D'Aosta abbiano il 50% delle possibilità di superare la soglia critica relativa all'occupazione dei posti letto in corsia entro il prossimo mese. Lombardia, Provincia Autonoma di Trento e Veneto hanno lo stesso rischio per la saturazione delle terapie intensive.
La Sardegna, inoltre, viene ritenuta ad alto rischio per quella che sarebbe l'incompletezza dei dati forniti. Se si aggiunge il rischio che l'impatto dei contagi derivanti dal periodo festivo risulterà, secondo esperti come il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro, soltanto dopo metà gennaio, cresce il sospetto che questa fase che anticipa l'uscita del nuovo Dpcm (15 gennaio) possa essere interessata da una stretta derivante dai cambi di colore che potrebbero riguardare diverse regioni. Fare previsioni, però, potrebbe essere azzardato.
Nuovo Dpcm: il 15 gennaio potrebbero cambiare diverse cose
Proprio il nuovo decreto potrebbe essere interessato da una riforma di quelli che sono i ventuno parametri che disciplinano la scelta della fascia di rischio per ciascuna regione.
Si ipotizza, ad esempio, che nel numero di test si inizino a conteggiare anche i test rapidi in maniera tale che facendo crescere il numero degli accertamenti diagnostici, possa abbassarsi il rapporto positivi per tampone. Non si tratterebbe, ovviamente, di un artificio per abbassare i numeri in funzione di evitare le chiusure, ma di un sistema per avere un quadro più attendibile della situazione. Non dovrebbe, però, essere messa in discussione la tesi secondo cui i test molecolari restano più attendibili di quelli antigenici e alla fine quantomeno la differenza nei sistemi di calcolo potrebbe essere mantenuta.