Alfredo Robledo contro Giorgio Napolitano. L’ex magistrato della Procura di Milano, ora in pensione, è ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica nella serata di lunedì 8 febbraio. Durante il talk show di Rete 4 si discute anche del cosiddetto caso Palamara, l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati finito al centro di una inchiesta e ora autore, insieme al direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti, del libro ‘Il Sistema’ in cui denuncia tutte le presunte lotte di potere all’interno della magistratura. Nel libro viene citato anche lo scontro con l’allora procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, che nel 2014 costò a Robledo il trasferimento a Torino.
A segnare il suo destino, racconta l’ex toga, fu una lettera inviata da Napolitano al Csm e da lui ritenuta un “atto eversivo”.
Alfredo Robledo ospite di Porro, dice la sua versione: ‘Anm non ha mai detto la verità, il Csm peggio’
Durante Quarta Repubblica, Nicola Porro decide di trattare nuovamente il caso Palamara. Viene mandato in onda un servizio che raccoglie le impressioni del magistrato Clementina Forleo, anche lei coinvolta in uno scontro tra toghe. “È capitato anche con me”, commenta Robledo secondo il quale l’Anm “non esiste, è come dire Associazione non riconosciuta, non è mai intervenuta, non ha mai contato niente, non ha mai detto la verità”. Secondo quanto dichiarato da Robledo, il Consiglio superiore della magistratura (Csm) sarebbe addirittura “peggio”.
Lo scontro di Robledo con Boccassini e Bruti Liberati
Robledo ripercorre i fatti di quando lui presentò denuncia al Csm durante lo scontro interno alla procura di Milano con Bruti Liberati. L’ex magistrato racconta di essere stato accusato dal suo superiore di aver voluto anticipare la collega Ilda Boccassini durante un’indagine, decidendo autonomamente di utilizzare la Guardia di Finanza in funzione di polizia giudiziaria, intralciando di fatto le indagini di Boccassini.
Robledo nega decisamente di aver “mai fatto una cosa del genere”, parla di “accusa completamente falsa” e afferma di averlo anche provato con una risposta ricevuta proprio dal comandante del nucleo della Gdf, “scritta con la penna che tremava perché bisognava andare contro il procuratore della Repubblica”. Ma il risultato fu comunque un “procedimento disciplinare” nei suoi confronti.
Il pensiero su Napolitano: ‘Atto eversivo’
La vicenda giunse poi di fronte alla commissione del Csm che, secondo il racconto di Robledo, inizialmente diede ragione a lui con un documento scritto. Continua l'ex magistrato: “Interviene il presidente della Repubblica Napolitano con una lettera” dicendo che “è il procuratore capo (Bruti ndr) che decide, e basta”. Allora, prosegue, “il Csm cala la testa, tutto, di fronte a Napolitano e mi manda via”. Sallusti conferma la versione di Robledo parlando della lettera al Csm di Napolitano come di una “cosa che non ha precedenti”. L’ex magistrato chiude il discorso aggiungendo che il Csm “a quel punto si è rimangiato quello che aveva detto, dimostrandosi privo di dignità, e il capo dello Stato ha commesso un atto secondo me eversivo, perché la Costituzione dice che la magistratura è indipendente”.