Michela Murgia torna a parlare [VIDEO] della progetto di legge Zan. Su L'Espresso, con un editoriale dal titolo "Riconoscere l'odio è la vera conquista", la scrittrice interviene sul dibattito e prende una posizione netta.
Murgia esprime in parte scetticismo e teme una scarsa applicazione da parte della magistratura. Il ddl, che intende combattere le discriminazioni e le violenze per motivi di genere, orientamento sessuale e abilismo, attualmente è fermo al Senato, anche per volontà della Lega. Secondo la scrittrice i detrattori di questo progetto temono di più il fatto che si possa affrontare questa tematica a scuola, piuttosto che il reato in sé, che risulterà difficile da individuare e perseguire.
Il testo del ddl Zan
Il ddl Zan, che prende il nome dal deputato Pd Alessandro Zan, ha scatenato un forte dibattito. Le forze parlamentari che hanno dato il sostegno al disegno di legge, e che ora sostengono il governo Draghi, temono lo scontro politico. Lo scorso novembre alla Camera il ddl è passato: quasi tutto il centrodestra ha votato in modo contrario alla legge in quanto ritenuta liberticida. Il centrosinistra e il Movimento Cinque Stelle invece hanno votato a favore.
I primi due articoli introducono l’orientamento, il genere e l’abilismo negli articoli del codice penale. Tendono a punire la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione. Il terzo articolo, il più importante e il più discusso, va a modificare la legge Mancino, nella parte in cui è previsto il carcere per quanti incitano o commettono "violenza o atti di provocazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi".
Il disegno Zan prevede l'estensione sui reati di violenza legati all’identità di genere e all’abilismo.
Secondo Murgia però sarà difficile perseguire eventuali reati se la legge sarà approvata. Il Ddl appare più convincente invece dal punto di vista "culturale", con l'eventuale sensibilizzazione che potrà avvenire all'interno delle scuole.
Murgia sulla possibile approvazione della legge Zan
Il dibattito sulla legge Zan si è acceso nuovamente al Senato. Alcuni giorni fa la decisione della Commissione Giustizia di rinviare l'esame del progetto di legge è stato visto come un segnale di ostruzionismo della Lega. Murgia ha lodato lo spirito del testo di legge ma teme che il problema sia la futura applicazione da parte dei giudici.
Prendendo in esame due sentenze di segno opposto, relative a CasaPound e Forza Nuova, nota che in caso di approvazione si potrebbero creare problemi di "applicazione alla realtà delle persone".
Secondo Murgia infatti "l'obiettivo di questa battaglia alla fine è più simbolico che pratico". I tribunali infatti negli anni hanno assunto atteggiamenti più garantisti sul tema del reato ideologico. Nonostante le tante denunce, ricorda infatti che "nessuno è mai stato condannato per apologia". Murgia ricorda poi come il caso dello scioglimento dell'organizzazione neofascista Ordine Nuovo sia stato l'unico caso di applicazione della Legge Scelba.
Murgia: 'Condannati a scuola, non in tribunale'
Secondo il ragionamento di Michela Murgia è difficile che si riconosca il movente d'odio.
"Le possibilità che un giudice lo riconosca sono basse". La scrittrice prende poi in esame le sentenze sui reati simili e nota che "dimostrare che qualcuno agisca violenza per ragioni ideologiche è possibile solo se il movente era stato reso esplicito dal colpevole medesimo". La domanda provocatoria è questa: "Perché lottare per fare approvare una legge con così poche speranze di diventare uno strumento efficace di lotta ai crimini di odio?".
Il problema dell'applicazione però verrebbe meno se la tematica venisse affrontata nelle scuole, aspetto previsto nel progetto di legge. In questo caso si creerebbe un dibattito vivace e nella società civile. Non caso quello che le sta più a cuore è un altro aspetto della Legge Zan, quello che prevede una "giornata nazionale di formazione istituzionale e scolastica contro l'odio verso gli orientamenti sessuali e di genere".
Secondo Murgia è questa la parte più temuta dai detrattori della legge, perché implica un dibattito costruttivo tra gli studenti e la società civile. "È essere condannati a scuola, non in tribunale, che fa impazzire i Pillon di questo mondo".