La Corte Costituzionale, nella giornata di ieri, ha dichiarato ammissibili cinque dei sei quesiti referendari in materia di Giustizia.

In virtù della dichiarata ammissibilità dei quesiti, saranno adesso i cittadini a esprimersi con il voto sulla eventuale abrogazione delle norme, tramite un referendum che si terrà una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi, ancora da stabilire.

I quesiti dichiarati ammissibili dalla Consulta

Tra i quesiti ritenuti ammissibili, vi è quello inerente alla cosiddetta "Legge Severino" e in particolare, ai decreti attuativi della stessa: la norma che si mira ad abrogare concerne l'impossibilità, per i parlamentari, di mantenere il proprio ruolo a seguito di una condanna definitiva.

Vi è poi quello attinente alla presentazione di candidature al Consiglio superiore della magistratura: attualmente, al fine di presentare al CSM la candidatura di un magistrato, è necessario che siano state raccolte, a sostegno della stessa, 25 firme. A questo proposito, con il referendum, si vuole eliminare tale soglia minima, così da favorire la candidatura di chiunque, senza che questa debba essere supportata da altri.

Altro quesito dichiarato ammissibile concerne il tema della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, con l'obiettivo di evitare il passaggio da una delle due funzioni all'altra. Il perseguimento di questo obiettivo mirerebbe a costituire evidentemente ulteriore garanzia, per i cittadini, riguardo alla terzietà del giudice nonché alla trasparenza nei ruoli.

In sostanza, il magistrato sarà chiamato a decidere, all'inizio della propria carriera professionale, quali funzioni svolgere, ossia se svolgere funzioni inquirenti oppure giudicanti, senza la possibilità di cambiarle in un momento successivo. La riforma proposta dalla ministra Cartabia interverrebbe già su questo punto, riducendo da quattro volte (consentite attualmente) a due la possibilità di passare dalla funzione di giudice a quella di pm o viceversa.

Il quesito referendario, invece, mira ad abolire del tutto questa possibilità.

Vi è poi il quesito in tema di misure cautelari, e l'intento è quello di ridurre il novero dei reati per i quali sono applicabili tali misure e in particolare la carcerazione preventiva, limitandone quindi un presunto abuso. Infine, vi è il quesito concernente i Consigli giudiziari e le valutazioni di professionalità dei magistrati, e, a tale proposito, lo scopo dei referendari è quello di consentire agli avvocati che siedono nei Consigli giudiziari di esprimersi, appunto, riguardo a valutazioni di professionalità dei magistrati.

Anche questo punto è contemplato dalla riforma del Ministro Cartabia, limitatamente all'ipotesi di segnalazione, da parte del Consiglio dell'Ordine, di condotte ritenute scorrette del magistrato che si deve valutare.

L'inammissibilità del quesito sulla responsabilità civile diretta dei magistrati

La Corte Costituzionale ha invece dichiarato inammissibile il quesito referendario con cui si voleva introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati, promosso con lo slogan "chi sbaglia paga". A tale proposito, la regola è sempre stata, ed è tutt'oggi, quella della responsabilità indiretta, secondo la quale il cittadino che abbia subito un danno ingiusto derivante dal comportamento di un magistrato può agire esclusivamente nei confronti dello Stato che, a sua volta, si rivale in un secondo momento sul magistrato.

Come affermato in conferenza stampa dal Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, l'introduzione della responsabilità civile diretta avrebbe reso il referendum "più che abrogativo, innovativo".