La data del 15 febbraio ha segnato una nuova svolta per tutti i lavoratori italiani in merito al tema del super green pass, adottato fra le misure per il contenimento della pandemia da Coronavirus.
Dallo scorso martedì, infatti, per accedere ai luoghi di lavoro, per chi ha almeno 50 anni (o li compie entro il 15 giugno) entra in vigore la norma prevista dal Dl 1/2022: occorre avere la certificazione verde rafforzata, da ottenere tramite il vaccino anti-Covid o con la guarigione dall’infezione. Il green pass base, ottenuto tramite i tamponi, resta invece valido per i lavoratori under 50.
Nuove regole sul posto di lavoro
Insomma, dal 15 febbraio non è più sufficiente disporre di un tampone rapido o molecolare per poter assolvere la propria mansione lavorativa, ma è obbligatorio sottoporsi al vaccino anti-Covid (oppure essere guariti dal virus).
I lavoratori non in possesso del super green pass non sono licenziati, ma sono considerati assenti ingiustificati, hanno pertanto la possibilità di conservare il loro posto di lavoro, senza ottenere alcuna retribuzione. Non sono previste conseguenze disciplinari, oltre alla perdita dello stipendio per un massimo di quattro mensilità (considerando il 15 giugno come data della possibile fine dell'obbligo).
Il datore di lavoro è tenuto a controllare il possesso del super green pass sul posto di lavoro: la mancata esibizione comporta una multa che va dai 600 ai 1500 euro per il lavoratore e una sanzione dai 400 ai 1000 euro per la mancata supervisione da parte del datore di lavoro.
Matteo Bassetti: 'Greenpass serviva per far vaccinare di più gli italiani, mi pare che abbia raggiunto il suo compito'
Intanto su questo tema nei giorni scorsi si è espresso l'infettivologo Matteo Bassetti, il quale in un video pubblicato sulla propria pagine Facebook ha affermato: "Siccome il Greenpass serviva unicamente per far vaccinare di più gli italiani mi pare che abbia raggiunto ampiamente il suo compito e credo che abbia esaurito il suo ruolo.
Se pensiamo di tenerlo dopo il 31 marzo non credo che servirà per far vaccinare altre persone. Chi non si è vaccinato finora non si vaccinerà tanto facilmente dopo. Quindi non sarebbe più una misura sanitaria ma diventerebbe una decisone politica".
"Magari - spiega l'infettivologo genovese - si potrebbe non togliere il Greenpass tout court ma lasciarlo per alcune attività, magari le più rischiose (come andare a visitare una persona in una Rsa o un ospedale o prendere un aereo).
Stoppare il Greenpass il 31 marzo non vorrebbe dire eliminarlo del tutto. Se un domani si ritenesse che tutti debbano fare un'altra dose di vaccino, si potrebbe riattivare per un periodo. Mi auguro che la politica prenda questa decisione di buon senso".