Una nuova doccia fredda per Guido De Barros e Caterina Ceccuti, i genitori della piccola Sofia, la bimba affetta da Leucodistrofia Metacromatica.

In seguito a una battaglia combattuta su più fronti (tribunali e mass-media) a causa del divieto, da parte del Tribunale di Firenze, di proseguire con l'infusione di cellule staminali col metodo del professor Vannoni presso gli Spedali di Brescia, lunedi 11 marzo arriva il via libera alla seconda infusione (di cinque previste dal protocollo Vannoni). Gioia immensa da parte della famiglia per quella che al momento appare come una grande vittoria, un felice epilogo che purtroppo dura soltanto pochi giorni.

Giovedi 14 marzo giunge infatti la notizia che li fa precipitare nuovamente nello sconforto più totale: subito dopo la seconda infusione gli Spedali Civili di Brescia (la struttura presso la quale viene praticato il metodo Vannoni) fanno sapere che rifiutano formalmente di eseguire la terza seduta. Il motivo è che l'ispezione dei Nas, avvenuta mesi fa, ha dichiarato quei laboratori inidonei a trattare le cellule staminali col metodo del prof.Vannoni; di conseguenza pesa sulla struttura l'interdizione alla prosecuzione di quel tipo di attività. Il paradosso è tuttavia che quegli stessi laboratori che non hanno l'autorizzazione a praticare cure con le staminali, sono invece ritenuti idonei alle cure per la leucemia.

Quello che i familiari della piccola Sofia non possono accettare è il fatto che non ci sia chiarezza giuridica sulle cure a base di staminali. Ad oggi ciò che determina la vittoria o la sconfitta di un malato è la sentenza del tribunale che consente o nega l'accesso a questo tipo di cure. E l'intervento dell'Aifa e del Ministero della Salute complica ulteriormente le cose, come nel caso di pazienti come Sofia, che comincia la terapia ma è poi costretta a interromperla.