Combattere l'emergenza ebola: "Le priorità sono l'identificazione e l'isolamento". Scoppiata a gennaio ma realmente esplosa solamente a marzo l'epidemia di ebola-virus ceppo Zaire continua a mietere vittime e a procurare non poche preoccupazioni. Mai prima di oggi un'epidemia di ebola si era propagata in un così vasto territorio. Si contano 140 morti nella sola Guinea, epicentro della diffusione ma svariati contagi si sono verificati nelle vicine Liberia e Sierra Leone. Costa d'avorio, Mali, Ghana e tutti i Paesi limitrofi sono in costante allarme.

Il Senegal ha riaperto le frontiere inizialmente bloccate ma continuano ad essere negati i visti per i pellegrini diretti alla Mecca.

Come si affronta l'emergenza?

Nella sede di Medici Senza Frontiere di Conakry il personale si sente in prima linea. Collaborano a stretto contatto con il Ministero della Salute guineano e stanno prendendo tutte le misure per combattere la diffusione del virus. Prima cosa l'informazione: passano nei quartieri della Capitale diffondendo materiale informativo sulle precauzioni quotidiane da adottare per limitare i contagi come lavarsi le mani con il cloro, non mangiare selvaggina, evitare contatti fisici e rigore nel rispetto delle norme igieniche.

Un medico dell'Ospedale Universitario di Donka, che è anche il centro predisposto per l'analisi e l'isolamento dei pazienti nella Capitale, ci conferma che molti sono stati dimessi e descrive una situazione via via sempre più sotto controllo nonostante la mancanza di strumenti e mezzi per arginare il contagio.

Sono almeno 25 i lavoratori sanitari fra medici e personale infermieristico che sono rimasti infettati, di cui 18 deceduti. "Abbiamo paura a toccare i pazienti" - ci dice durante una pausa. "Non abbiamo materiale isolante e protettivo e i sintomi sono gli stessi delle malattie che normalmente fiaccano la già provata popolazione: febbre, dissenteria e vomito.

Ormai ognuno che si presenta dal medico con questi sintomi viene mandato qui immediatamente e la situazione è sempre più congestionata".

Un laboratorio mobile internazionale è stato dispiegato e sono state disposte delle cinture sanitarie su tutto il territorio nazionale. Un antropologo accompagna il team di scienziati per facilitare i rapporti con la popolazione locale e centri di analisi e isolamento sono stati allestiti in ogni zona contaminata.

Proprio in uno di questi si sono verificati incidenti con la popolazione che a Macenta, epicentro dell'epidemia, hanno attaccato la struttura di MSF facendo fuggire tutti i pazienti e accusando gli operatori internazionali di essere loro stessi la causa della diffusione del virus.

Governo e autorità hanno subito stigmatizzato l'evento. Le autorità locali, in collaborazione coi gestori telefonici, rilasciano messaggi alla popolazione attraverso l'invio di sms informativi spiegando i comportamenti generali da assumere per limitare il contagio. La responsabile della comunicazione di MSF afferma che il virus sia in realtà molto debole fino a che si trova all'esterno del corpo ed è sufficiente un po' di disinfettante per ucciderlo ma la facilità con la quale penetra nell'organismo è tale alla forza che manifesta una volta entrato in circolazione all'interno del corpo umano.

La diffusione nell'uomo avviene solitamente a seguito del consumo o della macellazione di animali infetti, soprattutto scimmie e pipistrelli che sembrano essere gli ospiti ideali in quanto non ne manifestano i sintomi pur essendone spesso portatori.