Dalle indagini svolte recentemente dalla Guardia Di Finanza presso alcuni noti caseifici del casertano che producevano mozzarelle a marchio Dop, concluse con la chiusura ed il sequestro delle suddette nonché l'arresto dei titolari coinvolti, vengono alla luce le più comuni violazioni del settore alimentare.

Le adulterazioni del latte crudo possono essere molteplici: il latte viene trattato con idrossido di sodio, ossia soda caustica, per abbassare il livello di acidità dovuto alle scarse condizioni igieniche e all'eccessivo tempo trascorso dalla mungitura alla lavorazione.

Il latte vecchio fermenta a causa dei batteri e il pH diventa acido, per cui si tampona l'acidità con la soda.

Il latte più vecchio può venire miscelato con altro prima della rivendita, e spesso si tratta di latte non vaccino ma di altra natura, sicuramente non di bufala. Il pericolo maggiore è rappresentato da uso di latte bufalino crudo proveniente da allevamenti in cui ci sono capi di bestiame affetti da tubercolosi bovina, vietato al consumo alimentare umano. All’interno degli allevamenti infetti, la raccolta del latte dev'essere eseguita in contenitori separati, identificati ed autorizzati dal Servizio Sanitario.

Le carni bufaline infette da Brucellosi, macellate e vendute poco meno di un mese fa nel casertano, nonché il loro latte utilizzato per la produzione di mozzarella, sono un altro esempio di un tentativo di commercializzare prodotti ad alto rischio a discapito dei consumatori.

Il batterio responsabile della brucellosi viene inattivato con la pastorizzazione del latte e la cottura delle carni, ma non dimentichiamo che c'è chi consuma carne cruda o poco cotta, ed inoltre esiste il pericolo di contaminazione crociata di altri alimenti che possono venire a contatto con quelli infetti.

Pesce a rischio

Anche il pesce è balzato agli onori della cronaca per le numerose alterazioni riscontrate e truffe nella commercializzazione: in alcuni depositi di ristoranti cinesi sono state rinvenute confezioni di pesce sulla cui etichetta originale ne erano state sovrapposte altre per modificarne la data di scadenza, terminata ormai da mesi.

In altri ristoranti di sushi è stato accertato il mancato abbattimento del pesce che poi veniva consumato crudo. Un prodotto ittico, per essere somministrato crudo, deve essere abbattuto a -20° per 24 ore o a -35° per 15 ore, al fine di abbattere la naturale carica batterica, ma soprattutto per scongiurare di trovare ancora viva la temibile larva del parassita Anisakis.