La fisicità rappresenta ciò che noi siamo, e gli altri si fanno un'idea di noi sulla base del nostro corpo. Del resto, proprio il corpo è il primo mezzo attraverso cui entriamo in contatto con il mondo, e attraverso cui gli altri entrano in relazione con noi: è uno scrigno di sensazioni, emozioni ed esperienze che forgiano il proprio animo e la propria fisicità, ma che a sua volta influenza il grado e la percezione delle proprie esperienze e sensazioni.
È il primo mezzo tramite cui il bambino entra in contatto con la madre e inizia a memorizzare le prime interazioni, le prime esperienze tattili che formeranno anche la struttura cerebrale relativa alla coordinazione dei movimenti e processi come l'attenzione e la memoria.
La concezione della corporeità nel tempo
Il corpo e la fisicità si sono sempre dovuti adattare a dei canoni estetici, relativi e non universali, che cambiano in funzione del luogo e del periodo storico in cui ci si trova a vivere. Per esempio, basti pensare alla "dea madre", rappresentata mediante una statuina di pietra con forme piuttosto pronunciate e dal carattere giunonico, che è stata sostituita nei secoli da diversi modelli di corporeità fino ad oggi, in cui si preferiscono corpi snelli, alti e ben curati. Tutto ciò che non rispetta tali criteri estetici viene considerato sbagliato, diverso e malato, rendendolo oggetto di discriminazione: infatti alcuni studi sociali dimostrano come, di fronte ad una richiesta di aiuto, la probabilità di prestare assistenza si riduca o aumenti in modo sostanzioso in base all'aspetto fisico; in modo ancora più evidente quando il corpo che si ha davanti genera una sensazione di attrazione o di repulsione.
In particolare, si può pensare quante differenze ci siano nei nostri comportamenti se, a rivolgerci una richiesta d'aiuto, sia una persona normopeso o una con peso che supera gli standard culturali, quindi una persona troppo magra per i modelli culturali o troppo grassa. Perché? Perché il diverso fa paura, si pensa che l'anormale (inteso come colui che non riesce a stare all'interno di canoni estetici socialmente imposti) sia inferiore e non degno di attenzioni.
Ma se il corpo è così importante per fare buona figura, ci si potrebbe chiedere come mai non tutti siano conformi, e perché chi non è conforme non riesca ad adattarsi, attuando dei comportamenti che possano facilitare il cammino verso la "libertà" dalla diversità. Perché alla base di questi problemi vi è una componente emotiva disfunzionale che influenza il proprio rapporto con il cibo e, di conseguenza, con il proprio corpo.
Alimentazione e incompetenza emotiva: quanto contano le emozioni?
Le emozioni sono una parte della vita umana, e rendono il proprio vissuto colorato e vivo. Chi è in grado di riconoscere, analizzare e vivere in maniera adeguata ogni emozione, sia positiva che negativa, viene considerato emotivamente competente. Al contrario, chi non riesce a viverle in modo funzionale, viene considerato emotivamente incompetente, e spesso riversa quest'incompetenza su elementi esterni e, in questo caso, nel cibo.
A queste persone capita di non riuscire a vivere qualsiasi emozione, e per ogni stato d'animo che vivono si rifugiano nel cibo, creando una vera e propria dipendenza nei confronti dell'alimentazione, sia che si tratti di mangiare troppo, sfogando tutta la propria frustrazione sulle abbuffate che provocano una sensazione di soddisfazione ma che, al tempo stesso, si rivelano effimere e controproducenti; sia che si tratti di mangiare troppo poco, per cui ci si ritrova ad odiare il momento dell'alimentazione e la necessità del mangiare, obbligando il proprio fisico a subire un "castigo" ingiustificato.
A lungo andare, questa modalità di vivere le emozioni diventa l'unica modalità per coloro che non conoscono e non riescono a vivere le emozioni per ciò che sono, ma solo in funzione del cibo. In conclusione, dietro ai problemi di peso spesso non vi è solo una mancanza di volontà o un problema medico, ma si cela un'incapacità emotiva che influenza tutte le aree del vivere sociale
"Se sei arrabbiato urla; se sei felice ridi; se sei triste piangi. Il cibo non è una soluzione".