A tutti capita di sentirsi di cattivo umore o tristi in alcune giornate invernali particolarmente uggiose. Ma alcune persone sembrano sviluppare un vero e proprio disturbo depressivo legato alla stagione invernale.
Descritto per la prima volta da Rosenthal nel 1984, il disturbo affettivo stagionale rientra a pieno titolo nei disturbi dell’umore e si caratterizza per la frequenza di episodi depressivi durante l’inverno. Affinché venga diagnosticato, come previsto dal DSM, è necessario che la persona abbia sofferto di Depressione per almeno due inverni consecutivi con recessione dei sintomi durante l’estate.
Questo disturbo è strettamente legato alla diminuzione di luce durante la stagione invernale. E’ noto infatti che i tassi più alti di depressione in Europa siano nei paesi scandinavi, dove c’è meno luce, mentre i più bassi in Grecia, dove c’è solitamente il sole anche di inverno.
I soggetti che soffrono di questo disturbo presentano tutti i sintomi tipici della depressione: ipersonnia, iperfagia e aumento di peso, mancanza di energia e di concentrazione, disinteresse anche per le attività che prima erano considerate piacevoli.
Quali sono le cause?
Secondo quanto rilevato da numerosi studi scientifici, il disturbo affettivo stagionale (SAD) è legato a una modificazione del livello di melatonina nel cervello.
Questa sostanza, sensibile all’alternanza luce-buio, viene rilasciata durante la notte o nei periodi di oscurità. Le persone che soffrono di questo disturbo mostrano una maggiore variazione dei livelli di melatonina durante l’inverno rispetto a chi non ne soffre. Si pensa inoltre che un’altra causa possa essere una diminuzione dei livelli di serotonina, il neurotrasmettitore responsabile, tra le altre cose, del buon umore.
Secondo una prospettiva evoluzionistica, sembra che la “conservazione energetica” attuata durante l’inverno e che implica anche un rallentamento del metabolismo, fosse una risposta fisiologica fondamentale per la sopravvivenza dei nostri antenati. Il professor Levitan dell’università di Toronto afferma infatti:
"Dieci mila anni fa, durante l'era glaciale, questa tendenza biologica a rallentare durante l'inverno è stata utile, specialmente per le donne in età riproduttiva, la gravidanza richiede infatti un grande dispendio di energie.
Ma ora abbiamo una società h24, ci si aspetta che siamo attivi tutto il tempo ed è fastidioso".
Si tratterebbe quindi di un comportamento che il nostro cervello ha ormai consolidato e che non riesce più ad evitare.
Come curare questo disturbo?
Dal momento che è legato ad una mancanza di luce solare, questo disturbo viene spesso curato sottoponendo il paziente alla “Terapia della luce”. Questa terapia consiste nel far stare il paziente sotto una forte sorgente di luce - specifica per il trattamento del SAD- per trenta minuti al giorno tutti i giorni. In questo modo è possibile stimolare i neurotrasmettitori del cervello, grazie anche ad un maggiore introito di vitamina D.
Anche l’alimentazione gioca un ruolo importante: si possono ottenere grandi miglioramenti riducendo il consumo di carboidrati raffinati ed assumendo cibi naturali, più “energizzanti” (è compreso anche il cioccolato fondente: un’importante fonte di triptofano, precursore della serotonina!).
Laddove però questo disturbo appaia grave e persistente, è sempre necessario tenere a mente l’importanza di rivolgersi ad un medico specializzato, che possa all’evenienza prescrivere degli antidepressivi.