L’annuncio arriva dall’Istituto di Genomica dell’Ospedale di Pechino, con i risultati di una ricerca compiuta su 1.228 cinesi di età di tutte le età (2-90 anni), pubblicata sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience. Il principio è molto semplice: esiste una sostanza, la 8-oxo-7,8-diidroguanosina (8-oxoGsn), un frammento di DNA ossidato, la cui concentrazione ematica aumenta con l’età. Questo biomarker può essere considerato un indice dell’invecchiamento delle cellule dell’organismo e quindi dell’età biologica. Questa sostanza passa anche nelle urine.

E’ stato sufficiente mettere a punto un test quantitativo di 8-oxoGsn per stabilire agevolmente l’età biologica.

Un organismo “invecchiato” si ammala più facilmente

E’ questo il principio su cui si basa l’esigenza di determinare l’invecchiamento biologico del nostro corpo. Negli ultimi anni, un efficiente metodo per determinare l’invecchiamento biologico è stato identificato ed è la misura della lunghezza dei telomeri, sequenze di acidi nucleici presenti nella parte terminale del DNA. Quando i telomeri raggiungono una lunghezza minima scatta un messaggio che porta a morte (apoptosi) la cellula. Un organismo che invecchia ha i telomeri più corti e quindi il numero di cellule che muoiono sono superiori alle cellule che si formano.

Ma per determinare la lunghezza dei telomeri servono test genetici che non sono proprio alla portata di tutti. Ora, dalla Cina, arriva un nuovo approccio per determinare l’età biologica: la titolazione, nelle urine, di una sostanza che si forma ed aumenta progressivamente con l’invecchiamento. Si tratta della 8-oxo-7,8-diidroguanosina (8-oxoGsn).

A questo risultato i ricercatori cinesi sono arrivati arruolando in uno studio 1228 cittadini cinesi (613 maschi e 615 femmine), di età compresa tra 2 e 90 anni. Dando per scontato che l’età anagrafica non corrisponde all’età biologica, e di questo ne abbiamo evidenza nelle nostre relazioni quotidiane, i ricercatori hanno voluto identificare quale sostanza aumentasse con l’avanzare degli anni.

Un biomarker della vecchiaia

Hanno raccolto quindi le urine dei partecipanti allo studio, le hanno concentrate e, via HPLC-MS/MS, sono andate a determinare la concentrazione di due prodotti di ossidazione degli acidi nucleici, l’8-oxo-7,8-diidro-2′-deossiyguanosina (8-oxodGsn), derivante dal DNA, e l’8-oxo-7, 8-diidroguanosine (8-oxoGsn), derivante dall’RNA. Il risultato è stato che, a partire dai 21 anni, l’8-oxoGsn cresceva in modo lineare ed era presente in quantità più elevata (il doppio) rispetto all’altro, 8-oxodGsn.

Valutato nei vari intervalli di età, tra 21 e 30 anni e tra 81 e 90 anni, entrambi i biomarker aumentavano linearmente ma erano presenti nella stessa concentrazione in entrambi i sessi.

Nell’intervallo 61-80 anni, invece, i biomarker erano presenti in quantità più elevate nelle femmine. Probabilmente una fase della vita in cui l’organismo femminile ha una fase di invecchiamento più rapida rispetto ai maschi coetanei.

Infatti la presenza di acidi nucleici ossidati è indice di un processo pato/fisiologico dell’organismo. Altro dato segnalato dai ricercatori è che, nelle urine, la concentrazione di questo biomarker è superiore a quanto rilevabile in altri fluidi o tessuti biologici. Inoltre la concentrazione dei biomarker, sempre nelle urine, era costante nelle 24 ore e indipendente dalla condizione renale. Questo è stato dimostrato confrontando le analisi dei campioni di urina dei volontari sani rispetto a quelle dei volontari coetanei, con problemi renali, ma tra i due gruppi non è emersa una significativa differenza. Infine, le concentrazioni di 8-oxo-dGsn e di 8-oxo-Gsn erano correlabili con la concentrazione di creatinina, altro biomarker indicatore della funzionalità renale.