Che il sonno sia una funzione importante è risaputo da secoli e tutti noi possiamo rendercene perfettamente conto ogni giorno. Tuttavia, capita alla maggior parte di avere periodi in cui si diminuiscono, anche drasticamente, le ore del sonno; ma qual è l’effettivo rischio di un tale comportamento? Due ricercatrici italiane hanno portato alla luce che bastano solo cinque giorni consecutivi di riduzione del sonno per provocare dei danni. Tutto ciò è stato dimostrato in un esperimento sui topi, dove è apparso che la carenza del 70% del sonno porta, in soli cinque giorni, ad assottigliare la guaina protettiva dei neuroni che isola i nervi.
“Se volessimo traslare questa limitazione del sonno a un uomo che dorme in media 7 ore a notte – ha spiegato una delle ricercatrici – significherebbe farlo dormire circa due ore per notte per 4 giorni e mezzo”. Non si sa ancora con certezza se questa riduzione di mielina (nome tecnico della guaina protettiva) perduri o venga ricompensata, la cosa certa però è che questa diminuzione può provocare danni permanenti.
Le buone regole
La prima regola del bravo dormitore è sicuramente quella di riposare su un letto comodo e confortevole. Si passa poi a creare una routine, quindi cercare il più possibile di andare a letto e alzarsi sempre alla stessa ora, a usare il letto solo per dormire, non come ufficio o studio, e si cerca di eliminare la luce e tutti i rumori possibili.
Sarebbe l’ideale anche mantenere una buona temperatura nella stanza e tenerla ventilata. A livello di salute si consiglia come sempre attività fisica, ma non prima di andare a dormire, e di evitare pasti pesanti nelle 4 ore prima di coricarvi. Si sconsiglia la caffeina, il fumo e l’alcool; e se siete abituati a dormine nel pomeriggio, non fatelo per più di quarantacinque minuti.
Per consigli più pratici, invece, a darci le risposte ci pensa la National Sleep Foundation, che ci consiglia come prima cosa quella di dormire l’85% del tempo che passiamo a letto e come seconda di non impiegare più di trenta minuti ad addormentarci. Nel caso dei risvegli notturni, sottolineano che più di un risveglio a notte è il segnale di un “guasto” del sonno e, in caso di insonnia, consigliano di alzarsi e farsi venire sonno piuttosto che rimanere a letto.
Sonno e genetica
La ricercatrice Susan Harbison, del National Heart, ha pubblica un articolo nel quale illustra come un piccolo numero di geni influenzi il numero di ore necessarie a una persona per svegliarsi riposata. L’esperimento, svolto su una specie particolare di moscerino della frutta, Drosophila melanogaster, dimostra che esistono processi fondamentali di comunicazione cellulare che influenzano la durata del sonno. "È un importante passo in avanti per uno dei più grandi misteri della biologia: il bisogno di sonno", ha spiegato Harbison. "Il coinvolgimento di processi biologici molto diversi tra loro nel determinare la durata del sonno può spiegare perché finora questo argomento è risultato sfuggente per la ricerca biomedica". Ovviamente l’esperimento non è completamente generalizzabile all’essere umano, ma sicuramente questa scoperta porterà un ottimo contributo nell’esplorazione della funzione del sonno.