La pratica di alternare ore di digiuno ad alimentazione (digiuno intermittente) nella giornata, sta diventando sempre di più una strategia terapeutica efficace per contrastare l’obesità e ridurre l’incidenza di ictus e diabete.

I ricercatori del Pennington Biomedical Research Center di Los Angeles hanno valutato, in soggetti prediabetici, gli effetti di un’alimentazione concentrata in 6 ore, ossia con colazione, pranzo e cena entro le ore 15, in confronto ad una dieta composta da 3 pasti consumati in 12 ore. Entrambe le diete avevano lo stesso apporto calorico (non ipocalorico) e una durata di 5 settimane.

L’efficacia dei due metodi è stata esaminata su parametri metabolici, pressori, infiammatori e di sazietà.

I dati sono stati significativamente a vantaggio dell’alimentazione distribuita in 6 ore piuttosto che in 12, in termini di maggiore insulino sensibilità e minori pressione sanguigna, stress ossidativo e appetito.

Il digiuno intermittente si è dimostrato piuttosto pratico da sostenere, non ha necessitato di riduzione di calorie e ha aumentato la sensazione di pienezza alla sera.

Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Cell Metabolism, nel maggio 2018.

Digiuno intermittente

I primi studi clinici sul digiuno intermittente risalgono a 10 anni fa. Ad oggi se ne conoscono diversi: a giorni alterni, mima digiuno, di 16 ore al giorno.

I risultati finora hanno sempre rivelato benefici simili: dimagrimento, maggiore insulino sensibilità, miglioramento del profilo lipidico e diminuzione dei livelli di glucosio, insulina, pressione sanguigna, marker di infiammazione e stress ossidativo.

Le ricerche hanno anche constatato che mangiare in allineamento con i ritmi circadiani, riducendo gli alimenti alla cena, favorisce il controllo glicemico, la perdita di peso, i livelli lipidici e la fame.

Ciò avviene perché il sistema circadiano sovraregola il metabolismo glucidico, lipidico ed energetico in alcune ore della giornata, mentre sottoregola il metabolismo in altre: l’insulino sensibilità, la risposta cellulare e l’effetto termico degli alimenti sono più alti, infatti, durante il giorno piuttosto che la sera.

La combinazione di due strategie (digiuno e assunzione dei pasti secondo i ritmi circadiani) risulta, pertanto, vincente.

Studio clinico

Lo studio è stato randomizzato e controllato su partecipanti di età 56±9 anni, BMI 32±4 kg/m2 (sovrappeso-obesi), con glucosio e insulina basale, rispettivamente di 102±9 mg/dL e 25±14 mU/L, pressione arteriosa nell’intervallo pre-ipertensivo (sistolica 123 ± 8 mm Hg e diastolica: 82 ± 7 mm Hg) e profilo lipidico normale.

Il gruppo del digiuno intermittente ha ricevuto i pasti alle ore 7, 10, 13, suddivisi equamente nell’apporto calorico (33% in ciascuno). Il gruppo di controllo ha mangiato alle ore 7, 13 e 19 (33% di calorie in ogni pasto).

L’alimentazione fornita in 6 ore entro le 15, secondo il ritmo circadiano, ha dimostrato di abbassare i livelli di insulina a digiuno e sotto carico di glucosio, ma non ha modificato la glicemia.

Questo sistema può essere adottato, dunque, per trattare l’insulino resistenza e migliorare la funzione beta pancreatica.

Il digiuno precoce ha ridotto i livelli di 8-isoprostano, marker dello stress ossidativo ai lipidi, di conseguenza la perossidazione lipidica e il rischio di aterosclerosi, ma non ha modificato i markers di infiammazione (proteina C reattiva, cortisolo e IL-6).

Ha attenuato la pressione sanguigna al mattino in modo significativo, probabilmente a causa dell’abbassamento dei livelli di insulina.