Da sempre l'uomo è alla ricerca di un elisir di lunga vita che possa dargli l'immortalità. Il mito dell'eterna giovinezza nel corso dei secoli ha ispirato molte opere letterarie. D'altronde chi di noi non accosterebbe le labbra a una coppa contenente una pozione in grado di farci rimanere sempre giovani in perfetta Salute? In passato è accaduto che avventurieri e alchimisti che avessero fama di maghi spacciassero rimedi miracolosi.
Non è un caso che la fama del dottor Dulcamara, personaggio nell'opera buffa Elisir d'amore di Donizetti che vende nelle piazze il prodigioso medicamento sia giunta fino ai giorni nostri ad indicare chi vende fumo per trarre facili guadagni, abusando della credulità popolare.
Tuttavia un passo in avanti è stato fatto dai ricercatori dell'Università del Texas che hanno scoperto come una proteina sia in grado di allungare la vita nei topi. Ma andiamo ad esaminare più nello specifico i risultati di questa ricerca.
Scoperta la proteina dell'eterna giovinezza?
I ricercatori hanno scoperto che la proteina Beclin-1 svolge un ruolo molto importante nel processo noto come autofagia, che è un meccanismo attraverso il quale l'organismo si libera del materiale di scarto delle cellule. In particolare già in un precedente studio i ricercatori avevano avuto modo di sperimentare le proprietà di questa proteina, la cui mutazione nei topi affetti dall'Alzheimer ha portato a un miglioramento a livello cognitivo.
In questo studio i ricercatori hanno scoperto che la mutazione di questa proteina è in grado di prolungare l'aspettativa di vita dell'11%. In particolare diminuirebbe il rischio di sviluppare patologie tumorali ed anche malattie cardiovascolari e ai reni.
Prospettive future
Va precisato in ogni caso che lo studio dei ricercatori è stato effettuato sul modello animale, tuttavia si tratta pur sempre di cellule, sebbene di animale e anche l'uomo è composto da cellule.
Pertanto la manipolazione di questa proteina potrebbe portare a un rallentamento del processo di invecchiamento. Lo studio di questa proteina, che come detto ha un ruolo importante nel processo noto come autofagia, potrebbe rivelarsi utile anche per ottenere una cura delle patologie neurodegerative, quali l'Alzheimer e il morbo di Parkinson, che allo stato attuale ancora non esiste. Difficilmente si potranno ottenere delle applicazioni a breve derivanti da questa scoperta, ma ormai la strada sembra tracciata.