Venerdì 19 ottobre una dottoressa di 60 anni, che lavorava al pronto soccorso dell'ospedale San Paolo di Napoli, è deceduta a causa della tubercolosi, dopo una lunga battaglia durata circa un anno. La donna è morta all'ospedale Cotugno, specializzato in malattie infettive.

La 60enne spirata a causa della Tbc era impiegata presso il reparto di medicina d'urgenza dell'ospedale di Fuorigrotta, ed era una dottoressa stimata e apprezzata da tutti. Come riporta "Il Mattino", un addetto ai controlli al varco di accesso della struttura ha affermato, commosso, che si trattava di una "grande professionista che non si risparmiava".

Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale campano dei Verdi e componente della Commissione sanità regionale della Campania, ha immediatamente precisato che non bisogna parlare di emergenza e che non vi è alcun rischio di contagio all'ospedale San Paolo, poiché la dottoressa è morta per una forma di tubercolosi che non si trasmette da paziente a paziente, anche se è molto più grave e mortale.

Inoltre Borrelli, dopo aver parlato con Vito Rago, direttore sanitario dell'ospedale di Fuorigrotta, ha riferito che la positività dell'altro medico non desta alcuna preoccupazione, perché risultare positivi non vuol dire aver sviluppato la malattia, ma semplicemente che si sono formati gli anticorpi per contrastarla.

Tubercolosi: una malattia ancora presente in Italia

In seguito allo sfortunato caso del medico morto a causa della tubercolosi, Susanna Esposito, presidente dell'Associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici (WAidid), ha sottolineato come questa vicenda dimostri che la Tbc è ancora presente in Italia e che ci sia bisogno costantemente di diagnosi precoci e di terapie appropriate.

Ricordiamo che si tratta di una patologia causata dal bacillo di Koch, ovvero "Mycobacterium tuberculosis". In questi ultimi anni si sta assistendo ad una lenta riproposizione della tubercolosi. I motivi sarebbero da ricercare nell'aumento del fenomeno migratorio da Paesi in cui la malattia è ancora endemica, dalla presenza di ceppi batterici resistenti alla terapia anti-tubercolare standard, dalla compresenza dell'infezione da HIV che rende il vaccino poco efficace a fini preventivi.

Il contagio avviene per via aerea, dunque mediante starnuti, tosse o col semplice parlare. Colpisce principalmente i polmoni, ma può infettare anche altri organi e tessuti quali meningi, linfonodi e tessuto osseo. La sede più frequente, in ogni caso, è quella polmonare. I sintomi con cui si manifesta sono aspecifici: tosse, febbricola, scarso appetito, e perdita di peso.

La diagnosi viene fatta tenendo conto di diversi elementi: febbricola persistente e polmoniti che non rispondono alle terapie antibiotiche. Positività al test cutaneo alla tubercolina, positività al test di linfostimolazione agli antigeni tubercolari. La radiografia al torace, invece, evidenzia la localizzazione del processo infettivo.

Riguardo alla cura, la tubercolosi viene trattata con un solo farmaco per 6 mesi per prevenire la comparsa della malattia. Se già presente, invece, viene curata con l'impiego di più medicinali.