Lo sforzo congiunto di un consorzio internazionale che ha visto l'impegno di 25 centri di ricerca, ha aperto nuove prospettive di cura dei tumori. Tra i protagonisti di questi risultati troviamo anche due italiani, Antonio Iavarone e Anna Lasorella, che svolgono il lavoro di ricercatori da molti anni presso la Columbia University di New York. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Medicine.
Nuove informazioni sulla malattia con i dati genetici
In particolare grazie all'enorme quantità di informazioni relative ai dati genetici raccolti da 25 centri di ricerca in tutto il mondo, è stato possibile conoscere meglio il meccanismo di sviluppo del glioma, un raro tumore cerebrale finora non rispondente all'immunoterapia.
Grazie ai Big Data è stato possibile riscostruire la mappa molecolare e genetica del glioma, un tumore al cervello, nei pazienti colpiti da neurofibromatosi di tipo 1. I pazienti che ne sono affetti, risultano maggioremente soggetti a sviluppare tumori del sistema nervoso periferico e del cervello.
Tumori: nuove prospettive di cura con trattamenti terapeutici personalizzati
I ricercatori hanno gettato le basi per trattamenti terapeutici personalizzati dei pazienti affetti da patologie tumorali. In questo senso si aprono nuove strade per l'impiego dell'immnunoterapia che finora non ha dato risultati nel trattamento dei tumori al cervello. Iavarone all'Ansa ha spiegato che grazie alla mappa molecolare è possibile conoscere in anticipo i tumori che presentano linfociti T e che quindi possono rispondere positivamente all'immunoterapia.
Iavarone prosegue spiegando che attraverso le analisi sui Big Data è possibile studiare le caratteristiche dei tumori, per cui diventa molto semplice determinare se in un tumore vi sono o meno linfociti T.
Finora l'immunoterapia non è risultata efficace nel trattamento dei tumori cerebrali, in quanto in questa tipologia tumorale si ravvisano spesso degli infiltrati cellulari composti da macrofagi, che inibiscono l'attività del sistema immunitario contro il tumore.
Lo studio invece ha permesso di scoprire che molti gliomi a crescita lenta nei pazienti affetti neurofibromatosi non solo non hanno macrofagi ma producono anche proteine, che si definiscono neoantigeni, che invece hanno l'effetto di potenziare la risposta del sistema immnunitario contro il tumore. In circa il 50% dei gliomi a crescita più lenta, i ricercatori hanno trovato un numero elevato di linfociti T, cellule del sistema immunitario in grado di riconoscere le cellule tumorali e quindi di eliminarle.
Questi pazienti potrebbero essere trattati con l'immunoterapia per aumentare l'efficacia dei linfociti nel distruggere le cellule tumorali.
Un'altra prospettiva di cura riguarda il trattamento dei gliomi aggressivi sempre nei pazienti affetti da neurofibromatosi. La presenza di macrofagi non li rende sensibili all'immunoterapia, tuttavia i ricercatori hanno scoperto che molti di questi pazienti presentano la mutazione di un gene. Se trattati con una terapia che crea un danno nel Dna delle cellule tumorali, queste andrebbero incontro a delle lesioni incompatibili con la sopravvivenza. In tal modo, per i ricercatori, sarebbe possibile bloccare la crescita del tumore.