Si può aiutare un familiare che soffre di depressione? Avere al proprio fianco una persona che soffre coinvolge l'intero sistema di relazioni personali, oltre che noi stessi. Capita spesso che, non sapendo come muoversi, ci sia una fusione e che i confini vengano a mancare. Tutto diventa confuso e 'malato', i pensieri sono totalmente rivolti verso l'altro che soffre, al quale si cerca di dare ogni minuto del proprio tempo, senza preoccuparsi del proprio stato psicologico e fisico. Il rischio è quello di trasformarsi nella figura del 'salvatore', convinti di sapere esattamente cosa l'altro vuole e pensa e di essere gli unici a poterlo capire.

Il rischio è molto alto, poiché questa trappola psicologica può portare a impotenza, insoddisfazione e incomprensione. Ma non solo: se ci si pone come salvatore, anche l'altra persona aumenterà il senso di fallimento e di inefficacia. Cosa fare allora?

Depressione di un familiare: come comportarsi

La prima cosa da fare quando un familiare soffre di depressione è quella di abbandonare i preconcetti. La depressione è un disturbo serio, una patologia, e la volontà non è sufficiente per poterla sconfiggere. Occorre aiuto professionale e non solo sostegno. Un altro preconcetto è quello del 'posso guarirlo io': non è assolutamente possibile guarire il disturbo depressivo di un’altra persona, nemmeno con tutto l'impegno e lo sforzo del mondo.

Sovente capita che nel sistema familiare si attuino dei giochi psicologici che si presentano con le stesse dinamiche e tempistiche. In questo tempo e spazio cristallizzati, le persone si muovono attuando dei comportamento distruttivi, anche se inconsapevoli.

La trappola psicologica del salvatore

Una di queste trappole è quella del salvatore: ''Io ti posso salvare, è tutto nella tua testa''.

Tuttavia, anche se animato da buone intenzioni, chi indossa questa veste non fa altro che implementare il senso di inefficacia dell'altro che soffre. La persona depressa si sentirà incapace di gestire la sua vita, oltre che dipendente.

Nello stesso tempo, il 'salvatore' si autodistrugge, perdendo la sua identità e confini. Una sorta di sacrifico che non porta a nulla, se non a un aumento della sofferenza da entrambe le parti.

Cosa fare allora?

Stare con la persona depressa e stare nel mondo

Se si ha un familiare che soffre, è importante far sentire la propria presenza, ma senza sostituirsi a lui o cadere nella trappola del salvatore. Iniziare una conversazione aperta è fondamentale. Chiedere come sta, come si sente, quali sono i suoi pensieri è il primo passo. Le domande non devono essere invadenti o denigratorie, ma esplorative dello stato d'animo che il nostro caro sta provando. Essenziale sarà spronarlo a chiedere aiuto, ma senza obbligarlo.

La depressione porta con sé un enorme senso di vuoto e solitudine. Ecco perché è importante che la persona senta che è importante per noi, sia con parole che con gesti: un abbraccio, una carezza e la vicinanza fisica non dovrebbero mancare.

L'importanza dei confini nello stare con la persona depressa

Non è semplice stare accanto a un familiare che soffre ed è una priorità pensare anche al proprio stato psicofisico. Occorre stabilire dei confini, per non farsi inglobare dalla malattia e dalla sofferenza dell'altro. Non si tratta di egoismo ma di saggezza: come posso aiutare l'altro se io, per primo, sto male?

Esprimere le proprie emozioni è altrettanto importante. Trattenere emozioni negative che frustrazione, rancore o rabbia non farà altro che esasperarle. Come? Lavorando su di sé, facendo attività piacevoli e in grado di scaricare le tensioni, riposando.

Inoltre, va mantenuto uno spazio e un tempo di riflessione per sé, così da elaborare i propri vissuti.

Un aiuto psicologico può essere molto utile.

Fonti

Beck A. (1970), “The core problem in depression: the cognitive triad”. In: Masserman J. (a cura di), Science and Psychoanalysis, vol. 17, Grune & Stratton, New York. Citato in: Arieti S., Bemporad J. (1978), La depressione grave e lieve. L’orientamento psicoterapeutico. Ed. it., Feltrinelli Editore, Milano, 1981