La fiducia ai giovani Gabriel e magari Cristante e Saponara, per scoprirli talentuosi e farli crescere com'è successo di recente con De Sciglio.  Un occhio di riguardo - concedendogli il beneficio di un errore ogni tanto - per chi non risparmia mai le energie pur senza essere fuoriclasse: leggi Zapata, Zaccardo, Silvestre, De Jong, Poli, Birsa, Matri. La convinzione che non ci si improvvisa campioni e che la classe fa la differenza: Kakà insegna.
L'attenta valutazione di chi, per ragioni tecniche, anagrafiche o comportamentali, non sempre è all'altezza di un Club che vuol essere vincente e convincente e non solo teso all'obiettivo del 3° posto in Campionato: in questo senso Abbiati, Abate, Mexes, Constant, Muntari e perché no Balotelli meriterebbero valutazioni meno superficiali.
Allegri si dichiara sereno e ciò è utile all'altrimenti ansiosa causa rossonera e gli fa onore. Gli chiesero di fare piazza pulita dei senatori con contratti stramilionari, di lavorare coi giovani e di conquistare ogni anno il pass per la Champions. Tutt'ora glielo chiedono e lui a ragione (la sua) dice che i risultati ci sono.
Il presidente non è contento, per ovvi motivi, mentre Galliani... Ecco, Galliani: cos'ha davvero in animo il massimo dirigente operativo del Milan? Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Lui in tanti anni di Milan ha cantato e portato la croce e i grandi successi della gestione Berlusconi sono indubbiamente anche merito suo. Ma da un po' di tempo a questa parte forse ha perso un po' di lucidità nei giudizi.
Non tanto per il "vaffa" a Birsa pronunciato senza pudori dalle tribune di Parma allo sloveno che aveva appena sbagliato un calcio di punizione, dimenticando la sua buona prestazione complessiva in quella partita. per il Galliani tifoso che si esalta o imbestialisce guardando le partite, ché ciò è umano anche se a volte eccessivo.
Il problema semmai è una sua certa predisposizione a fare  promesse non più mantenibili o a vivere in un passato che, oltre a non più ritornare, non dà gioia al tifoso milanista abituato a desiderare al presente fior di campioni e pregiati trofei. Lo slogan "Il club più titolato al mondo" non fa più effetto.
Pirlo, da lui definito (e come dargli torto) "un fuoriclasse insostituibile", non gioca più nel Milan. Ancelotti ("finché ci sarò io al Milan lui sarà il nostro allenatore") ha fatto le valigie già da un po'. "Thiago Silva è un giocatore su cui costruiremo il futuro della squadra" e "Ibra resta con noi al 100% e avrà il numero 10" sono parole ahimé perse nel vento. Frasi pronunciate con profonda sincerità, senza dubbio; ma con superficialità (leggi illusione) considerando l'attuale congiuntura economica e l'imprevedibilità (e le esigenze) del proprietario del Club.
Difficile lavorare là in mezzo, tra incudine e martello, ma sentirgli dire dopo solo due mesi dall'inizio della stagione che "il Milan è tutt'ora in corsa in tutte e tre le competizioni" semplicemente perché il Campionato è alla 11a giornata (9a quando aveva pronunciato quelle parole), la Champions alla 3a e la Coppa Italia ancora deve iniziare (!), sinceramente non gli fa onore.
Il futuro è adesso. L'amministratore delegato dell'Ac Milan forse dovrebbe guardarsi allo specchio - dismessa la gialla cravatta - e fare il punto della situazione: la propria. Non è mai troppo tardi.