Una drammatica discesa all’inferno. Èquella vissuta e raccontata alle pagine della Gazzetta dello Sport da Matteo Rabottini, già campione d’Italia tra gli under 23 e vincitore di una delle tappe più belle delle ultime edizioni del Giro d’Italia, quella del 2012 a Pian dei Resinelli. Il corridore abruzzese è stato squalificato per doping nell’agosto del 2014, dopo essere risultato positivo all’Epo. Da allora la vita di Rabottini è stata sconvolta.

Rabottini, la gloria e l’inferno

La carriera di Matteo Rabottini era iniziata in maniera tranquilla.

Poi tra gli under 23 ecco il titolo tricolore e il passaggio al professionismo, con lo splendido acuto in maglia Farnese nel Giro 2012, una tappa e la classifica dei Gpm. Rabottini si era confermato anche nel prosieguo di quella stagione salendo sul podio del Beghelli e della Coppa Sabatini. Ma nelle annate successive, pur correndo a discreti livelli, non era più riuscito a cogliere risultati a quell’altezza. Rabottini ha raccontato di aver avuto il timore di non tornare più competitivo e di aver ceduto per la prima volta nella sua carriera al doping. 300 euro spesi per comprare l’Epo e rovinarsi carriera e vita. “Il 7 agosto hanno bussato alla mia porta per un controllo a sorpresa e il 12 settembre ho ricevuto un’email e una telefonata dall’Uci.

La mia vita è finita quel giorno”, ha raccontatoil corridore abruzzese.

Matteo Rabottini ha pagato carissimo il suo errore: “Sono stato abbandonato da tutti, mio padre (l’ex professionista Luciano) l’ha presa malissimo. Da allora lui e mia madre non mi parlano, anche la mia compagna, da cui ho avuto un figlio, mi ha lasciato.

È un inferno e per questo dico ai giovani di non fare i miei errori”. Rabottini ha dovuto vendere la macchina e chiedere un prestito per pagare la multa di 91.000 euro, pari al 70% del suo stipendio.

La squalifica di Matteo Rabottini scadrà il 6 maggio. L’abruzzese ha ripreso a pedalare nella speranza di poter tornare nel Ciclismo professionisticoper cercare di uscire dall’inferno.