Danilo Di Luca ha deciso di tornare a parlare quasi tre anni dopo l’ingloriosa fine della sua carriera. Trovato positivo all’Epo durante il Giro d’Italia 2013, il corridore abruzzese fu squalificato a vita. Ora Di Luca ha pubblicato un libro autobiografico, che non mancherà di far discutere. L’ex corridore spiega la vicenda che l’ha portato alla squalifica a vita, non si dichiara pentito e attacca il mondo del Ciclismo, un ambiente dove secondo lui regna ancora l’omertà.

Di Luca: “Come tutti gli altri”

Danilo Di Luca ha scoperchiato tutte le bugie e gli inganni della sua lunga carriera.

“Ho cominciato nel ’97, da dilettante” racconta Di Luca, che poi spiega di aver fatto il salto di qualità dal 2001, quando al terzo anno di professionismo ha scelto un doping più spinto. Ma nonostante l’ammissione e le menzogne, l’ex corridore non pronuncia mai nessuna parola di pentimento. Tutto il suo percorso di corridore dopato rientra in un sistema in cui barare è ampiamente diffuso, accettato e sollecitato. “Tutti i corridori sanno che tutti si dopano e che nessuno parla. Anche i direttori sportivi quando dicono di non saperne niente raccontano una menzogna, il campione crea un indotto che fa lavorare tante famiglie” confessa Di Luca. E’ una realtà dipinta da un ex corridore che ha difeso il ciclismo finché ne ha fatto parte, se ne è arricchito e prova a farlo ancora con un libro.

Una realtà che forse ferma un momento ormai alle spalle, un incubo che il ciclismo sta faticosamente allontanando.

Di Luca: “Ero tranquillo”

Uno dei passaggi più interessanti del libro è la ricostruzione dell’episodio che ha portato alla squalifica a vita. Siamo nella primavera del 2013, Di Luca ha già scontato una squalifica per Epo ed è appena stato ingaggiato dalla Fantini.

L’abruzzese corre un buon Giro d’Italia, è protagonista in molte tappe, ma ad un paio di giorni dalla fine ecco la notizia shock: Di Luca ancora positivo all’Epo in un controllo effettuato pochi giorni prima della partenza del Giro. “Avevo assunto 500 unità di Epo la sera alle 11” spiega Di Luca, convinto che quella dose non sarebbe stata rintracciata se non nelle 6 ore successive, le ore notturne in cui non si possono subire controlli.

Invece il nuovo test dell’Epo era in grado di rilevare anche una dose così ridotta nelle 24 ore successive. La mattina successiva Di Luca ha puntualmente subito un controllo: “Ero tranquillo, ma i miei calcoli non sono serviti a niente”.