Non è uno stinco di santo, David Millar, e chi segue il Ciclismo lo sa bene: nel 2004 fu addirittura arrestato dalla Gendarmerie francese per Doping, e durante gli interrogatori vuotò il sacco rivelando di aver fatto ricorso a farmaci proibiti tra il 2001 e il 2003. Gli stessi appassionati di ciclismo sanno anche che Millar tornò a correre, meno forte di prima, a partire dal 2006, ossia quando terminò la sua squalifica biennale: fu scelto infatti come uomo-immagine del “progetto ciclismo pulito” portato avanti dalla Slipstream di Jonathan Vaughters (gregario di Lance Armstrong reo confesso a posteriori di doping, ma questa è un’altra storia).
Chi meglio di David Millar può dunque parlare di doping oggi, che ha da poco appeso la bicicletta al chiodo mentre il mondo del pedale ha “scoperto” - grazie alle rivelazioni di Fancy Bears - che alcuni ciclisti, anche di livello, si appoggiano spesso alle esenzioni terapeutiche per assumere farmaci proibiti?
Millar: il mio doping regolaregrazie ai TUE
L'ex ciclista britannico ha spiegato che la sua "dieta" era a base di Kenacort, un farmaco che contiene triamcinolone e che "era potentissimo - ha raccontato - Si faceva una cura sola, una volta all'anno, quando si voleva avere un picco di forma molto prolungato come in un Grande Giro, perché poi i suoi effetti erano molto impattanti sull'organismo".
In realtà Millar dice che qualche suo collega eccedeva anche queste dosi già significative, mettendo a rischio ancor di più la propria salute. Ma la vera "bomba" è che il Kenacort, seppur bandito, era permesso per quei ciclisti che come lui avevano un'esenzione terapeutica ad hoc: "Stavo prendendo un farmaco potentissimo e dopante, ma il fatto più significativo è che lo facevo senza violare le regole grazie ai TUE".
Doping ed esenzioni, un sistema da riformare
Parole che arrivano dopo l'esplosione del caso Wiggins, che in Inghilterra stanno prendendo molto sul serio al punto da voler approfondire anche la mancata reperibilità del Baronetto all'ultimo test fuori competizione prima di Rio 2016. Il fatto è che esistono le regole dell'antidoping e le eccezioni, come i TUE, che aprono la strada anche a interpretazioni molto ampie in grado di aprire la strada a chi vuole approfittare delle falle nel sistema per fare ricorso al doping al di là delle effettive esigenze terapeutiche per la sua salute.