Dopo sei stagioni tra alti e bassi Taylor Phinney ha lasciato in questo inverno la BMC per approdare alla Cannondale. Quello del 26enne americano non è stato però un cambio di casacca come tanti altri. Phinney ha pensato seriamente di smettere con il Ciclismo professionistico. La causa è stata in parte la difficoltà a recuperare dal gravissimo incidente del giugno 2014, ma soprattutto la nausea per un ciclismo sempre più alienante e che con i suoi numeri vuole trasformare i corridori sempre più in macchine.

Phinney: 'Quasi certo di smettere'

Taylor Phinney era passato al ciclismo professionistico con grandi ambizioni sull’onda del titolo iridato a cronometro tra gli under 23 a Melbourne 2010.

L’approccio al ciclismo dei grandi aveva confermato un talento fuori dal comune per il lunghissimo passista americano, vincitore anche del prologo al Giro d’Italia 2012. La scalata ai vertici di Phinney si era però bruscamente interrotta nel giugno 2014, quando una brutta caduta ai campionati nazionali gli era costata una doppia frattura alla gamba sinistra e un calvario di oltre un anno per poter tornare a correre. Il corridore americano è rientrato per il finale della passata stagione e quest’anno ha disputato la sua prima annata completa dopo l’incidente.

È stato un Phinney diverso quello che il grande ciclismo ha ritrovato dopo la lunga pausa, nel look, con i baffoni, e nello spirito filosofico, cambiato da quel lungo calvario che l’ha portato a farsi molte domande.

“Ero abbastanza convinto di smettere con il ciclismo in questa stagione” ha rivelato Phinney a Cyclingnews. Il corridore americano ha spiegato di fare fatica a ritrovarsi in questo ciclismo che si sta trasformando sempre più in una scienza esatta che non lascia posto alle sensazioni. “Tanti ragazzi si scottano in questo sport, vengono gettati in una pentola a pressione di numeri che porta le persone lontano da un senso di realtà.

Se arrivassi oggi nel ciclismo probabilmente non resisterei. Guardate un ragazzo come Flakemore, ha fatto sei mesi con la BMC ed ha mollato”.

Il ciclismo, più sensazioni e meno numeri

Durante e dopo il recupero dall’infortunio Phinney ha maturato una prospettiva sempre più critica nei confronti del modo di intendere il ciclismo di molte squadre, compresa la sua BMC.

“Bisogna riportare il ciclismo ad essere un’esperienza sensoriale, altrimenti diventeremo solo dei robot” ha continuato il corridore americano “Continuare con questa tendenza è come diventare esseri umani che non pensano e non elaborano nulla, come un criceto su una ruota, come un videogioco. Ma il ciclismo è una bellissima esperienza sensoriale, è come volare su e giù per le montagne. Il cuore del ciclismo è questo, non sono i numeri. Penso che dobbiamo salvare il nostro sport”.