L’elezione a presidente dell’Uci del francese David Lappartient sembrava presagire ad una sorta di restaurazione nel mondo del Ciclismo, con il ritorno ad un ruolo più centrale dei paesi di maggior tradizione. Le novità a cui sta pensando il dirigente francese sembrano portare in realtà in un’altra direzione. Lappartient ha spiegato che tra i suoi progetti c’è quello di creare maggiori spazi nel calendario per i paesi emergenti, anche a scapito dei grandi giri, se questo portasse ad un miglioramento del modello economico del ciclismo.

Lappartient: ‘Non c’è niente che non può essere discusso’

I tre grandi giri, Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta Espana, sono i punti cardine del calendario del ciclismo mondiale. I ventuno giorni della loro durata scandiscono tempi che fanno ormai parte della tradizione più consolidata dello sport della bicicletta. Eppure la durata dei grandi giri potrebbe essere messa in discussione dal nuovo presidente della Federciclismo Internazionale, David Lappartient. In un’intervista ad un sito spagnolo, Ciclo21, il dirigente transalpino ha spiegato che non esiste niente di intoccabile, neanche i grandi giri. “Quando parliamo di riforma dobbiamo vederla da un punto di vista globale. Non c’è nulla che non possa essere discusso”, ha spiegato Lappartient.

‘Non voglio forzare una riduzione dei grandi giri. È una discussione che avremo, ma il dibattito che mi interessa è quello del modello economico che dobbiamo seguire. Se una riduzione dei giorni portasse ad un modello economico migliore allora perché non discuterne?”, ha aggiunto il presidente dell’Uci.

‘Non possiamo concentrarci solo sull’Europa’

Il modo in cui la riduzione del numero di tappe dei grandi giri potrebbe portare ad un maggior giro d’affari è molto chiaro. L’Uci mira a liberare giorni di gara nel calendario da poter assegnare a nuove corse in paesi extraeuropei, come abbiamo visto negli ultimi anni con l’inclusione nel World Tour di gare come il Giro di California o l’Abu Dhabi Tour.

“Dobbiamo ricordare che il ciclismo è uno sport globale. Le radici di questo sport sono in Europa ed è con le gare storiche che possiamo promuoverlo in tutto il resto del mondo. D’altra parte non possiamo concentrarci solo sull’Europa, ma dobbiamo essere anche in Cina, in Australia, in Canada, negli Stati Uniti”, ha spiegato Lappartient, che vede in questa evoluzione verso un ciclismo globale un’opportunità economica imperdibile. “E’ qualcosa di importante per il nostro sport. Gli organizzatori europei potrebbero avere l’occasione di vendere i loro diritti nei paesi emergenti e può essere importante anche per gli affari e la stabilità delle squadre e delle corse”, ha concluso Lappartient.